domenica 17 ottobre 2010

Semplici cose, belle cose


Sono stato a cena, normale e tranquilla, anche se di compleanno. Oggi si usa fare feste e invitare in posti strani, si usa riempire di finzione tanta della nostra vita, così ci portano a fare e noi pensiamo di essere bravi a inventare, pur recitando copioni scritti altrove e non solo per noi. Invece, ieri non era questo, era qualcosa di molto meglio.

La case è semplice, non attico con terrazza da 90 metri quadri dove vai coi pattini, non vetrata che mira la notte della Città d’Arte facendoti sentire come se fossi in un appartamento al 40° piano di un gigante edilizio di New York, non mobili trovati in un mercatino artigianale che valgono fortune indicibili, seppur pagati quattro soldi, nulla di quello che i poveri figli di questo mondo che vive di apparenze, credono sia il sale della esistenza di ognuno. Nulla di tutto questo.

C’era calore, c’era sincerità, c’era amore in ogni cosa che ho vissuto, toccato e gustato.

Una casa normale, ultimo piano senza ascensore, eppure salire quelle scale ed ogni piano osservare i portoncini semplici come erano un tempo, è stato un piacevole viaggio di ritorno in case antiche eppure ancora belle, pur senza alcun ritocco di finzione moderna. Dentro, dove il sentire umano ha modellato tutto, mobili che potrebbero apparire banali altrove, davano sorriso al cuore di chi ci vive e di chi viene a visitare e riempiono noi stessi di bellezza, quella di chi li ha sistemati e che li ama, pur dovendolo fare forse per forza… eppure con tanta dolcezza e delicatezza. Quando sei in un posto avverti l’aria che tira, avverti quella che alcuni dicono esserne l’aura, e quella era luce vera, brillante eppur tranquilla, luce bianca di normale saggezza, dolce come la padrona di casa, intenta a preparare cose buone malgrado non piatti degni di essere citati da Artusi.

Il cane bianco come la neve che è impazzito di gioia e come un bimbo giocava e voleva attenzione, come faceva la figlia mia quando era bambina e amici venivano a trovarci e lei faceva il teatro. Gli animali sono istintivi e seguono il cuore, e lui, il cane bianco di neve faceva ugualmente e faceva il teatro e anche questo era giusto, era bello.

Cena di cose buone, tante, vino a condire e parole tranquille di poche persone messe attorno ad un tavolo da un sentimento, amicizia, semplice, sincera, non convegno, non solennità, non riti pagani e vuoti, ma normale stare bene e parlare di tutto e di nulla, eppure con semplice e tranquilla normalità condita di bello, di umanità e cuore.

Il cibo se fatto con amore, anche se crosta di pane, sembra dolce, il vino anche se da poco potrebbe sembrare un nettare, una casa da 70 metri potrebbe diventare una reggia. Ma all’uomo, quello vero, quello che vive la vita, quello sincero, non serve la reggia, né il nettare, serve la verità e la sincerità e serve stare bene, dentro. A me questo serviva e questo piace, stare a gustare una sera ascoltando anche soltanto, ricordi di concerti di Mina, come racconti di gesta dei cani, nostri compagni di vita e di viaggio, ricette di dolci fati con cose belle e semplici, come ricordi di vite passate secoli fa quando altre famiglie erano nelle nostre vite. A me questo piaceva di assaporare e la cena questo aveva nei piatti, funghi e belle parole, vino e bei sentimenti, auguri di compleanno e belle persone, persone semplici eppure così variegate, nella semplicità così ricche di quello che apprezzo della vita: sincera umanità e gocce cristalline di acqua della gioia che si vedeva negli occhi della padrona di casa, e che ognuno di noi sentiva dentro se stesso.

Questo è stato ieri, questo oggi rimane, quando il dopo non è malinconico ritornare e ricercare il passato, ma è arricchimento e piacere di rivedere il film vissuto come attore e visto come spettatore privilegiato, perché seduto nella fila preferita, la prima. Questo è il grazie che anche oggi posso dire alla vita che mi capita di incontrare nella mia strada.


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