giovedì 12 dicembre 2013

Dopo... il vuoto


Sono tornato nel luogo dove ho trascorso gli ultimi 7 anni, a sud di Roma. 
Una visita non dovuta, bensì voluta: per rivedere amici e persone con cui ho condiviso anni, sofferenze e gioie e lavoro. 
C'è stato lo stare insieme, il parlare, lo scambiarsi qualche idea, e poi una cena, molto informale, anche se in un bel posto.
Ho trascorson pomeriggio ed una sera con persone con cui fino a qualche mese fa ero molto in contatto, quasi quotidiano, con cui si sono condivise cose assai profonde e significative, avventure di vita assai importanti per tutti.

A ne esco con poco o nulla dentro.

E' doloroso doverlo ammettere con me stesso, ma ormai, sono fuori dalle loro vite e quindi in pratica dai problemi e dai discorsi, e quasi forse addirittura scomodo, scomodo nel mio avere scelto una strada diversa, differente dalle loro, pur senza permettermi di giudicare nulla.
Scomodo perché alle volte vedere che certe cose che diciamo di volere, qualcuno poi, pagando e caro, lerealizza, ci mette di frone alle nostre debolezze: parlare... e mai agire.... continuare a raccontarci una storia densa di scuse....
Non so se sia così, ma ne ho avuto un vago sospetto.
 
Sono tornato qui a casa, vicino a Roma, stanotte con un senso di vuoto immane e di sofferenza, per aver constato come nella stragrande maggioranza dei casi, quel rapporto che chiamiamo amicizia, pur se consolidata, appunto da anni e dalla condivisione di molte vicende, quel rapporto si spegne soltanto ad allontanarsi fisicamente, non regge alla distanza, alla non quotidianità.
Ho trovato i miei “amici” immersi ognuno nella loro quotidianità, nel vortice dei pensieri, dei problemi e delle difficoltà delle loro vite, assai poco interessati a come io poi spenda il mio tempo, se non in modo informale, quasi di forma, ma molto poco di sostanza.
Alla fine i discorsi sono girati attorno alle loro quotidianità, la mia o non interessava, o peggio (sospetto),metteva a disagio, forse perché mostrava che si può anche vivere diversamente e sopravvivere...

Purtroppo (o per fortuna, non so...) ho sviluppato nel tempo una sensibilità che mi fa avvertire queste situazioni, mi fa accusare queste vicende, questo “vissuto”. Non che ci ripensi e me ne senta offeso, ma sicuramente sento il sapore che rimane, lo avverto e molto ben chiaro, molto netto.
E sento l'amaro.

Mi chiedo quanto, oggi (ma nei tempi passati sarà stato ancora così o no?), questi rapporti siano appunto profondi, veri, realmente sentiti e non solo vissuti perché ….”fa comodo”... un amico non è un vero amico, ma fa comodo perché non sei solo, nell'andare al cinema, nel trascorrere il tempo in ufficio, o a fare jogging.... ma nella sostanza rimane un estraneo, che quando esce di fatto dalla tua vita per viverne una diversa, magari lontano fisicamente, diventa una parte estranea a tutto di te stesso, di cui non ti importa realmente sapere e conoscere.
Ho sempre considerato una fortuna poter ascoltare la vita di un altro, apprendere come lui vive, cosa prova, cosa fa, e osservare, in silenzio, perché da questo imparo, mi arriva qualcosa, o forse anche nulla, ma pur sempre è qualcosa che arricchisce la mia esistenza.
Ed invece, ieri, ho avuto l'impressione che l'intensità del rapporto passato sia stata solo la motivazione per stare insieme, per scambiarsi segni di “formale” affetto, ma che dentro, nei cuori, ci fosse poco, se non nulla...
Non sappiamo più fermarci, fare sosta nel nostro vortice di problemi quotidiani, della nostra esistenza, per are posto all'ascolto, alla curiosità, all'osservare altro da noi. Per fare silenzio!
Siamo talmente afferrati alla gola da questo soffrire così diffuso, da questa negatività in cui siamo immersi da mattina a sera, tramite TV e quant'altro, che ci sembra quella l'unica realtà e maniera di viverla, che, ogni modo diverso ed esterno a questa realtà quasi lo scansiamo, o se non facciamo così, ci rimane estraneo, esterno, distante.
E dopo. Rimane poco, se non quasi nulla.
E questo addolora, se vogliamo vederlo, se vogliamo ascoltarci dentro.
Oppure lo liquidiamo con una alzata di spalle, per reimmergerci nel nostro vortice di sicurezza, dove sappiamo di stare normalmente e crediamo di stare bene.
Per morire giorno dopo giorno, ignari volutamente, ciechi per scelta, come le scimmiette che non vedono né sentono.....
...eppure contenti di questo lento morire, di questo diventare polvere nella polvere.

E forse questo è il senso del mio avvertire un miglior stato d'animo quando rientro a contatto con la Natura, con la Vita, che a questo punto avverto come “vera” anche se non me ne viene alcuna parola formale di consolazione o sostegno, ma da cui mi viene la spinta a cercare dentro me stesso quel dio o quella entità sovrannaturale che da molti sento cercare e che non vedo nella vita di quasi nessuno.



martedì 3 dicembre 2013

Noi che.... la vita ci ha divisi in due...



Noi che la vita ci ha affettati, ci ha riservato questo dono per il resto della nostra esistenza, trovarci fatti a pezzi e divisi, in due, fra due lati di un fiume in cui immergerci è bello. Quest'acqua da cui ci siamo dissetati e tuttora in cui ci immergiamo trovando ristoro, frescura, piacere sulla pelle e nel cuore. A noi la Vita ci ha riservato questo destino: non poter andare chiaramente da una sponda e lasciare l'altra.
Proviamo, vogliamo con tutti noi stessi e lo facciamo, nuotiamo e usiamo tutta la forza che possiamo. Nuotiamo e raggiungiamo l'altra riva e ci sdraiamo esausti, vuoti di energia per la traversata, eppure felici di aver fatto il tragitto.
E poi...
Il sole si copre, una nuvola, grigia, forse anche nera di temporale, lo oscura e il caldo che ritemprava le nostre ossa si perde in un battito di ciglia e ci prende il brivido addosso. All'improvviso ci sentiamo inermi, nudi, vulnerabili ed abbiamo freddo, dentro, nell'anima.

Sappiamo che il nostro posto è là, da quel lato, ma sull'altra sponda abbiamo lasciato le nostre cose, cose che amiamo ed a cui teniamo quasi come la nostra stessa vita. Là, ad appena poche bracciate, sta la nostra roba, abbandonata là, dopo che ci ha portato fin qui da terre lontane, nel cammino che ci ha fatto traversare deserti, oltrepassare valichi altissimi e freddi, contornare laghi immensi e trovare sempre la meta. Quella roba è parte di noi. Noi siamo anche quella roba, se siamo qui, su questa riva, è anche per quella roba là.
Lasciata là.
E ci prende il freddo, nel corpo e nell'anima. E torniamo all'altra sponda, sapendo che il nostro posto non è là, eppure a vederla quella roba, a carezzarla, come fosse parte del nostro corpo, a coccolarla, a volerle bene e dirle che anche dall'altro lato del fiume... noi non la dimentichiamo, noi le vogliamo bene e le siamo grati.
Si può essere grato ad un fardello? Si può essere grati a dolore? Si può essere grati a sofferenza che nera e fredda ci ha allagato dentro per secoli? Ma quel dolore ci ha fatti, ci ha costruiti e fatti anche duri per affrontare la nostra esistenza, anche le sofferenze più grandi che la vita ci possa riservare, anche le paure che di notte ci assalgono.
Sì, siamo grati, lo sentiamo, a quella roba dobbiamo parte del nostro essere qui, quando traversiamo di nuovo il corso d'acqua.
E ci stendiamo di nuovo al sole a ritemprare le “stanche ossa” che diceva il poeta ed a prendere nuovamente fiato.
Per poi tornare a pensare alla roba che lasciamo e che in parte almeno, non vorremmo abbandonare, ma che non sappiamo come.

Noi che la vita ci ha dato questo, noi siamo una tribù, sconosciuta e senza nome e non in via di estinzione, ma una tribù sconosciuta al mondo, pur vivendo sotto gli occhi del mondo. Noi siamo tanti eppur tutti soli. Alle volte ci accade di incontrarci, ognuno con il suo fardello, con la sua roba. Condividiamo le nostre storie e le nostre paure, come le nostre gioie, poi... ci lasciamo, coscienti che ognuno deve proseguire per la sua propria via.

Osserviamo l'altro di lontano. Lo capiamo. Capiamo le sue paure ed il suo soffrire ed il suo arrancare. Alle volte quasi ci consoliamo sapendo che noi quel pezzo di strada lo abbiamo già passato, ma poi, senza pensare che ne abbiamo altra anche noi. Noi siamo tanti soli viandanti, siamo una infinità eppure siamo sempre con noi stessi. Quando al mattino passiamo davanti allo specchio, se per lavarci o farci la barba o altro, scorgiamo sempre quel viso, che cambia lentamente nel tempo, ma che ci appare sempre il medesimo: il nostro.

Siamo nella folla, eppure siamo soli, con la nostra roba. E nessuno sa quel che proviamo dentro. Proviamo, parliamo, scriviamo, raccontiamo alla TV, eppure, poi, dopo, torniamo ad essere con noi stessi.

A noi la Vita ci ha dato questo, e questo portiamo sulle spalle e dentro l'anima. E così impariamo a gioire delle piccole cose, del niente che forma sommato ad altri miliardi di niente, i nostri giorni umani su questa terra.
Impariamo a sorseggiare ogni attimo di sole, ogni minimo calore sulla pelle o nelle ossa, o nell'anima ed a gustarlo, grati alla Vita.
Noi che la vita ci divisi in due, alle volte, amiamo anche più la Vita, anche se dietro le spalle, abbiamo sempre quell'altra riva, lontana eppure nota....



Sera d'inverno



I denti della sega mordono il legno
mentre il rombo del vento copre la valle,
freddo nelle ossa eppure vita, avverto.
Mi muovo rapido mentre le nuvole vengono spazzate via
ed il blu del cielo abbraccia ogni cosa.
Cala il buio ma il rombo rimane,
come sulla spiaggia la risacca, cupa, echeggia di lontano.
Luci brillano, solitarie, dentro le case,
le campane regolari battono ogni mezza
e la montagna, muta,
osserva ogni cosa.


mercoledì 9 ottobre 2013

Mattino



Nel silenzio del risveglio,
il bianco abbraccia la stanza
e il mio cuore.
Esco, senza rumore, grato e sereno
come il cielo sopra di me.
Gli odori della notte
mi carezzano il viso,
luci lontane di presepe,
vita che scorre con i suoi ritmi,
fruscio di foglie del melo.
Ogni pennellata compone il quadro.
Ed io, dentro di esso,
lo osservo quieto.

 

mercoledì 18 settembre 2013

Lezione di Vita


La Vita oggi mi ha donato una grande lezione. Per certe cose ci vogliono anni, anni di studio e ripetizioni e quando si sta là, davanti all'insegnamento, non è ancora facile. Affatto! Però si fa fa il passo, e dopo fatto scopriamo che non era poi così tremendo.

Il desiderio/bisogno di controllare tutto e tutte le situazioni.
Tutti hanno bisogno di noi, noi non ci tiriamo mai indietro aiutiamo tutti, vogliamo andare a dare una mano sempre, poi magari dentro avvertiamo la stanchezza, magari anche sbuffiamo, ma davanti, nella facciata, in quello che mostriamo non solo agli altri, bensì anche a quella parte di noi stessi che siede in platea, beh da quel lato siamo i “bravi ragazzi”, le giovani marmotte che fanno sempre buone azioni e meritano la medaglia. Quella medaglia che conta solo con noi stessi, per farci sentire bravi, soddisfatti, adeguati.
Altro è aiutare realmente gli altri soltanto SE hanno realmente necessità e non SE noi ci sentiamo in colpa di non andare a soccorrere, non SE noi crediamo che sia “nostro dovere” farlo.

La Vita mi ha donato di non poter andare a fare il bravo ragazzo e... anche a distanza ho dato una mano, una semplice telefonata, una richiesta di aiuto ad un Amico, uno vero, non uno di quelli che si mette la sua di medaglia, quella di amico.
Lui è stato colui che ha dato la mano, io no, ma io l'ho mandato, l'idea ce l'ho avuta ma stasera non ho il plauso che tanto bene fa al proprio orgoglio. Però. Stasera il problema è stato affrontato, quasi risolto del tutto e il bene di chi doveva essere aiutato c'è stato.

Io non avrò il grazie che mi fa sentire tronfio. Ma ho avuto un dono: ho imparato una cosa che per me era difficile. Ora non è più come prima, so che è possibile e che forse, alle volte è meglio. So anche che se la Vita mi crea un ostacolo, devo accoglierlo, cercare di capire cosa la Vita mi sta suggerendo e ascoltare.

Dopo si sta bene.

Dopo avere capito, avere deciso di non fare il bravo ragazzo, ma ricorrere ad altro, dopo subito dopo, ha suonato un vicino, mi ha portato un piatto di uva appena colta dal suo vigneto, piccola rossa, asprigna, buonissima.
La Vita mi ha fato capire che avevo fatto una cosa fatta bene e mi ha dato Lei, la pacca sulla spalla. Ci siamo capiti.

Grazie!


domenica 11 agosto 2013

Bioniere...?






Sarà perché da una vita (57 anni) lo sognavo... sarà perché il silenzio finalmente dopo tanto chiasso cittadino, sarà non so per quale motivo, ma mi ritrovo alle 5 del mattino, di questo mio "primo mattino di " una Vita nuova, diversa, a scrivere e gustare tutto di ciò, di questo "nuovo", di questo "divreso"...

Dopo tanto "camminare", spesso in salita, sicuramente non facile spesso direi arricchito di dubbi, problemi, paure anche, sembra strano, e sembra una cosa così anomale, poter pensare "Sto qui!".
Beh per me questo mattino dell'11 agosto 2013 è un D-Day e da ora la strada sarà questa. Cosa porterà lo vederemo, sicuramente qualcosa di diverso da prima... ma cosa non lo so, lo vedo via via, percorrendola.

Buon cammino Ale!

 

giovedì 1 agosto 2013

Pensieri




Un amico è andato altrove, non so se ha deciso lui o la Vita per lui: chi può dirle certe cose, con sicurezza? Discerniamo di vita o di altro, ma poi, alla fine mettiamo sempre l'opinione nostra e raramente riusciamo ad ascoltare la Vita realmente. Chi sa che non ci sia una sorta di “orologio” biologico entro noi stessi, che ad un certo punto, quando siamo arrivati dove si deve, ci fa fermare, o andare in altra dimensione, o... altro...?

Ma non importa il perché e nemmeno il come.

Noi ci misuriamo con la separazione, con quello che viviamo come abbandono e senza apparente motivo, col dolore che dentro sentiamo forte, col vuoto, ma anche con quel che le Persone scrivono nel percorrere questa vita su questa dimensione.

R (scrivo soltanto l'iniziale del suo nome, per rispetto verso la sua maniera di aver vissuto, senza clamore e senza ricerca di vuota fama...ma con sostanza vera, e per quella non serve il nome, serve essere!) è andato, ora sta anche qui accanto, ma in maniera diversa, (o così ci piace credere, per non cedere alla sofferenza di noi umani che abbiamo bisogno di certe cose, come la presenza). Non lo conoscevo se non per aver letto diverse sue parole scritte in varie occasioni, per aver letto di lui e per pochi scambi di idee che erano avvenuti nel tempo, fino a poco fa. Non posso dire di essere stato un suo amico nel senso che si intende normalmente, ma credo di intuire certe sue maniere di vedere, di sentire e soprattutto mi sono rimaste in mente alcune idee che aveva scritto e quello conta, questo rimane e vive, tuttora in me. Questo a mio avviso è essere immortali, quando qualcosa di veramente concreto e valido e non di apparente, rimane nella mente e nel fare di altri, e si perpetua, e costituisce valore vero di vita, Vita Universale.



Ricordo che scrisse che lui quando andava a fare legna a gli toccava abbattere un albero, forse prendendo l'abitudine dai nativi americani, chiedeva alla stessa pianta una sorta di permesso, quasi chiedeva scusa, comunque onorava la vita che si prendeva per farne vita sua.

Questo mi rimane oggi di sicuro, di lui: quando colgo anche un ramo di basilico, o qualsiasi cosa di una pianta, dentro me stesso (alle volte non solo, alle volte parlo proprio, e se mi si ascolta mi si prende per pazzo...), chiedo il “permesso” e ringrazio. Una cosa semplice, assolutamente senza clamore, senza risonanza, eppure che mi fa sentire bene, mi fa sentire qualcosa di comune con la pianta stessa, ma anche con tutto ciò che ho attorno, con la Vita!



La morte, a me, provoca sempre momenti di riflessione, da quando iniziai a confrontarmici, che ero ancora ragazzo.

Dalla morte, questo fenomeno con cui non ho ancora mai fatto i conti e che, nei fatti, non appartiene realmente alla mia cultura, perché nella mia cultura, quella in cui sono cresciuto, anche se non esplicitamente non viene vista, ma evitata, vissuta come qualcosa di cui non se ne capisce il motivo, per cui non se ne parla, non la si affronta, se non.. quando accade, quando ci piomba, magari improvvisa, addosso.

La morte per me è sempre una pausa, una sorta di sosta forzata che mi costringe a pensare e riflettere e imparare. E questo anche quando avevo vent'anni, a maggior ragione oggi che vedo più possibile considerare anche la mia, di morte...



Quella di R mi porta molto, lo sto sentendo, dentro me, giorno dopo giorno, seppure stia attraversando un periodo di intensa attività data da circostanze esterne, in cui il lavoro materiale è talmente tanto che durante il giorno, pensare è una attività quasi da evitare, perché c'è da fare.



Da questa Vita di R, che ora è diversa, che ora vedo in modo più attento forse, sto imparando e assorbendo qualcosa; è il modo di R di rimanere immortale, quel modo normale e di sostanza delle Persone vere, quelle che attraversano la Vita materiale, appunto con concretezza e non con apparenza. E di questo sono grato, avverto sincera gratitudine e..amicizia, una amicizia data appunto dal far parte di un branco unico in cui ci si riconosce a fiuto, ad istinto, perché si fiuta l'odore della stessa genia nell'altro.

Questa amicizia che si sviluppa ora, di nascosto quasi, eppure molto profonda, perché alcune delle radici di R sono entrate nel mio terreno personale, questa essenza, sta portando frutti e questo rende R appunto, non affatto scomparso, semplicemente modificato, nella apparenza, ma non nei fatti e nella sostanza.



Questa è la mia gratitudine, alla Vita che mi sta dando ciò. Ci sono esperienze di vita che arrivano improvvise, e quelle più profonde credo siano queste. Non clamorose, non affatto solenni nella apparenza, ma profonde e assai incisive, se abbiamo la fortuna di essere in ascolto.

La Vita di R questo sta dandomi e questo ha seminato ed io dico grazie alla sua Vita, a lui, alla mia Vita, dico grazie all'Universo veramente tutto.



domenica 28 luglio 2013

R




Forse cinquant'anni fa esisteva il Circolo, l'Associazione, il Partito o quel che era, dove incontravi gli amici, sedevi e potevi parlare sia seriamente, sia bevendo un'”ombra” di vino, passare del tempo a riprendere fiato dopo un giorno di fatica e di sudore...stare là senza far niente.
Oggi non è più così, solo poco di questo sopravvive. Ma altro è arrivato, bello o brutto che ci sembri, ma è una realtà,: esistono i social network, i forum, posti dove ci si incontra anche se non ci si guarda negli occhi, posti dove ci si scazza o ci si ama anche, eppure poco si sa dell'altro, se non ciò che l'altro vuole far vedere o.. sembrare.
Eppure... dietro a parole scritte e non pronunciate, intuisci molto, se apri le orecchie dell'anima e del cuore. Se ascolti bene, dietro a parole, reazioni ed emozioni di fronte a fatti a frasi altrui o altro, c'è un Essere Umano e pian piano qualcosa ne capisci, ne ammiri o disistimi, insomma è un modo diverso di conoscersi e piacersi o meno.

Come si entra, così si esce. Come ci si intrufola pian piano o senza ritegno calpestando e pretendendo di essere NOI, così se ne esce, alla chetichella oppure solennemente con la la banda che suona ed il corteo che ci osanna (o questo è quel che si vorrebbe, forse...).
Così al Circolo, si arriva, si vede giocare alle carte, ci si siede e si scambiano parole, impressioni su qualcosa, così si salutano amici o conoscenti eppure si saluta perché si va fuori, in vacanza o a curarsi, o altrove... se ne esce.

Così è la Vita, un entrare, uscire, crescere, cambiare, divenire, imparare, e tanto altro.

Poi ci si ferma, a riflettere, quando qualcosa ci attira l'attenzione, quando un colpo arriva e ci lascia un segno dentro o fuori, ma lo lascia. Ci fermiamo, a pensare e ripensare o riflettere e a fare congetture, riflessioni, elucubrazioni, scopriamo che siamo filosofi, più o meno tutti.

Dicevo che da posti virtuali si esce in tanti modi, come dal Circolo, salutando tutti o uscendo come se si andasse a fumare, però per poi non rientrare. Ho visto tanti di questi modi, non ne ho mai giudicati, ma ne ho ammirati alcuni, quelli che fanno e non hanno bisogno della fanfara, li ho ammirati e stimati e rispettati, in cuor mio. Sarà timidezza (la mia la è) oppure semplicemente la tranquillità di essere come siamo, di essere in pace con se stessi e non aver necessità di parole, inutili il più delle volte.

Così R, che non posso dire essere stato un amico, nel senso più classico del termine, è uscito, forse un anno fa, senza clamore. Gli scrissi anche. Credevo stesse in crisi con la Donna sua, confesso che anche forse lo giudicai, lei non sta proprio in forma e lui se n'era andato.
Arrogante che sono io!
E mi colpiva Lei, che ne scriveva, di lui, con pacatezza, con pace, forse celando amore e sofferenza del cuore, come giusto, come si deve quando si parla a qualcuno che conosciamo, ma che non è intimo, come avrei fatto anche io. Mi colpiva che non avesse apparentemente sofferenza, almeno che non la gridasse al mondo: oggi credo di capire che ne avesse, ma altra, dell'amore che le aveva tolto qualcuno, di quel sentimento che pochi provano e conoscono e che a lei tagliava una costola, per lasciarla senza, privata, seppure ricca di altro, di memoria, ricordo, di Vita vissuta. Sempre mi colpiva la sua saggezza, di lei e mi colpì il suo non rispondere ad un mio saluto, molto generico, ma pur sempre tale.

Oggi qualcosa di diverso la so, se sia la verità che poi non esiste, non so, ma so che le cose non erano come io, nella mia misera arroganza mi ero figurato, e ne sono felice.
R se n'era uscito dal Circolo, per fumare, o per far credere fosse così, ma con la sua maniera, silenziosa, tranquilla e sicura di se stesso, di chi le sue scelte le ha fatte e la sa fare, e non ha necessità della fanfara. Ma in realtà era per andare come gli elefanti, sulla collina a stare e poi forse addormentarsi nella sua coerenza di Uomo.
Ricordo di lui che scrisse quando aveva compiuto i 60 anni e mi colpì come ne scrisse, in modo diverso eppur bello, profondo eppure nella sua normalità. Forse anche perché quei 60 li vedo arrivare anche io ed allora lo lessi e in cuor mio lo stimai, per quelle parole.

Oggi è un giorno diverso, oggi il sole è sorto ancora e fa caldo, l'agosto del 2013 arriva presto ed il tempo lo conferma ogni minuto. Oggi R è altrove e forse sta ancora facendo scelte che sono solo sue. Oggi scrivo, le parole volano nell'arsura di fine luglio e sono qui a fare il filosofo.
Oggi è un nuovo giorno, la vita è sempre la stessa da milioni di anni.
Sudo e bevo, e penso ad R, a quel che di lui sapevo o credevo di sapere.

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Sudo, fa caldo... ma è normale, è la Natura che è così !


domenica 23 giugno 2013

Compleanno

Oggi per un amico appena ritrovato dopo secoli di strade diverse, è un giorno speciale. Non so far molto, lavorare un po' il legno e mettere parole su un foglio, ho scelto la seconda.


Ho appena chiuso la pagina 72 del "diario",  non l'ho finita.

Sei fuori nel campeggio di Alta, nel 1997, nel Finmark, ed hai deciso di tagliare la barba: primo compleanno da solo; ed oggi 23 giugno di 16 anni dopo, è un altro tuo compleanno, e mi trovo io scrivere parole che non so bene se siano dedicate a te o ispirate da te.

Fa lo stesso.

Conta che qualcosa esce da dentro, e non credo a caso, nel silenzio del mattino, in cui la civiltà dorme e la voce di dentro esce piuttosto chiara, non immersa nella savana di rumori derivati dalle mille conoscenze fittizie del nostro progresso.



Ho messo come sfondo quella foto che mi hai mandato giorni fa, al nostro primo incrociarci sul sentiero della “rete”.

Mi piace questa immagine, ci si incrocia sui sentieri, ci si saluta, quasi sempre, perché ogni incontro è una nuova conoscenza, anche se fatta di pochi istanti, fatta di immagini brevi che il paesaggio assorbe pochi passi dopo.

Nella foto vedo le montagne in fondo, il prato senza confine, un prato come tanti che ho vissuto e che riconosco dalle emozioni che mi regala.

Lo sguardo ha bisogno di questo. 
Come l'olfatto. 
Odore di erba tagliata di fresco, odore di resina che scende lenta sui tronchi degli abeti a me cari quando ci passo accanto o sotto. Odore di rocce, alcune bagnate da rivoli neri di centinaia d'anni, altre calde di sole.

Eppure non c'è quel nitore che avverti in certi mattini quasi freddi, in cui esci e ti muovi di fretta perché nella schiena avverti i brividi e i contorni sono ben chiari, come l'aria in alto, blu, nel profondo.

Ora c'è foschia.

Copre di un velo dolce e aggraziato quello che il mio occhio raccoglie. Ma so che dentro c'è molto più, anche qui, da una foto messa su uno schermo elettronico.



Scorre rapido un altro prato, un mattino fresco forse di metà agosto ed ero con la bici anch'io, stavo andando a traversare una zona vicino Cortina, così vicino a coloro che amano le montagne per adattarle al loro volere da sentirli lontani, ed essere così felice di averli non davanti, eppure così vicino alle quinte di quello spettacolo che mi veniva donato nella giornata che si affacciava. Ricordo gli odori ed il mio sentire e sento bene chiaro che qualsiasi sia il posto o il momento, dentro, oppure sotto, ci sono punti di noi che rispondono al richiamo, quando arriva, se facciamo silenzio vero. Dentro ci sono nervi invisibili ad una autopsia o parti di noi che mai alcuna ecografia potrà individuare, eppure sono loro la Vita, forse l'Anima, sicuramente sono noi, sicuramente noi siamo là dentro.

E questi sono brace che arde per anni, secoli forse, sono la medesima brace dei nostri avi che percorrevano questi stessi posti in cerca di ben altro che distrazione o avventura, eppure voglio credere che avvertivano la meraviglia anch'essi.



Mi scorre in un solo battere dell'occhio il tuo scritto a cui sono giunto e scorre assieme alle mie esperienze e trovo tanto di comune, e tanto di ognuno.

Domande. Eppure intuizioni che calano come lampi nel temporale, improvvisi, e spariscono dopo frazioni di tempo.

Ha scritto, un giorno, un tipo saggio, che tutti abbiamo un patrimonio comune, tutti noi, cui attingiamo dovunque siamo, senza saperlo neppure. Forse. Di sicuro esistono fili che ci portano e ci guidano e che seguiamo senza saperlo e forse è meglio, perché ogni angolo che giriamo cambia la scena, anche se le quinte del palcoscenico sembrano non mutare.



Oggi tu festeggi un angolo di vita che stai voltando e per te sarà come deve; sette anni fa è stato il mio, fra poco più di un mese. Fu un angolo importante.

Una cosa ho imparato in questi anni del mio Tibet, che la strada non è mai chiara e dritta, anzi, spesso sembra sprofondare nella gola eppure poi, risalendo, trovi nuovi orizzonti o forse vedi quelli di prima con occhi nuovi, Ma tu sei sempre te stesso, dentro di te, lo sai, e come dice Barry Lopez: Se vi è una fase in cui una vita individuale diviene veramente adulta, deve essere quando si afferra l'ironia e si accetta la responsabilità di una vita vissuta in tale paradosso. E' necessario vivere in mezzo alla contraddizione, perché se tutte le contraddizioni venissero eliminate simultaneamente, la vita crollerebbe.



Ed allora lascio che il tuo giorno si srotoli dal suo gomitolo che scorre e, dentro me stesso, senza parlare, senza un fiato, che sarebbe pura inutilità, una preghiera sale al sole, un augurio, e mi scopro a sorridere non so se a te forse nuovo incrocio sul sentiero di oggi, o a me stesso che della tua immagine faccio riferimento per il mio passo.



Buon compleanno Davide!

domenica 24 febbraio 2013

Responsabilità individuale


Esiste un quotidiano online ("Il Fatto Quotidiano") che ieri in occasione delle elezioni ha pubblicato un editoriale secondo me molto ben scritto, con equilibrio e soprattutto con spirito civile, realmente civile...
Di questo, due stralci mi hanno colpito e mi sono piaciuti:

...La politica non si fa il giorno del voto. La politica si fa ogni giorno, quando si fa la spesa, quando si decide se usare o meno la macchina, quando si cerca di non produrre rifiuti, di costruire relazioni, di rafforzare le comunità, di aiutare chi ha bisogno. Quando si riparte dalle cose essenziali per una vita dignitosa: un tetto, del cibo sano, acqua pulita, istruzione, cultura, espressione del proprio talento e della propria dignità, consapevolezza di far parte di una grande comunità, umana, animale, naturale.”

...qualunque sia il nostro voto, assumiamoci la responsabilità della costruzione di questo nuovo mondo. Seguiamo da vicino la forza politica prescelta, stimoliamola a far meglio, denunciamola se tradisce le sue promesse e soprattutto portiamo quei contenuti che per noi sono importanti nella nostra vita quotidiana, nel nostro lavoro, nel nostro modo di vivere e abitare, nel nostro modo di costruire relazioni”. 

 
Ecco, credo che in occasione di questo periodo che a furor di popolo è visto, e fatto vedere, soltanto come una iattura, soltanto come crisi, ci siano i motivi, le occasioni e le spinte per fare una vera rivoluzione dentro noi stessi: ripensare, rivedere modi di fare, di pensare, abitudini, cose che abbiamo dato per scontate ed ovvie e che invece andrebbero meditate e ri-meditate.

Allora la politica, sì, la Vita, sì, l'etica sì, si fanno nella vita di ogni giorno, nelle piccole e apparentemente nascoste scelte che facciamo nei gesti quotidiani.

Questo dovremmo imparare e tenere a mente e questo dovrebbe essere il primo passo nel nostro farci carico e prenderci la resposnabilità di tutta una esistenza, fatta non solo di scelte strategiche e gigantesce al di fuori della nostra portata, ma di milioni di piccole eppure significative scelte fatte da NOI.


 

domenica 20 gennaio 2013

Luna che cresce e pensieri



Oggi è il 20 gennaio, il 9° giorno della luna (crescente) del Lupo...

Nella umana corsa al sapere, al voler capire e conoscere, si è persa, mentre eravamo e siamo tutti intenti, appunto, nella corsa, quella conoscenza, e soprattutto quella consapevolezza che avevamo delle radici e del perché di tante nostre azioni, abitudini, riti, ed equilibri.

Affondiamo radici biologiche e spirituali nella Natura, e di quella siamo parte. Alcuni pensatori hanno tagliato questo ponte, che in parte era già stato abbattuto dalla religione e conseguente influenza cristiana sulla nostra cultura: la natura secondo questo credo, era stata posta al servizio dell'uomo e da questi era distaccata, due entità distinte.
Storicamente siamo arrivati a pensarci non solo distinti, ma appunto, padroni di ciò che esiste e in diritto di farne ciò che a noi serve o piace: di qui le storture che oggi paghiamo tutti. Anche se in pochi vogliamo ammettere queste responsabilità: meglio imputarle al caso, o ad altri fattori del tutto occasionali o impersonali.

Ma soprattutto abbiamo perso abitudini salutari per l'individuo e per l'equilibrio personale e della società tutta, con ciò di cui siamo parte. Ascoltare sensazioni di benessere o di messa in guardia di fronte a situazioni, luoghi, cibi, persone, ecc. Ascoltare il cuore dell'altro per poterci relazionare. Ascoltare la nostra tendenza verso strade che ci possono portare non sappiamo dove. Osservare le nostre azioni irrazionali per capirle, o darne motivazione e capire le radici delle stesse, e almeno essere coscienti di dove si è sbagliato e dei motivi, per non ripeterne, magari. Pregare senza chiedere solo ciò che noi riteniamo giusto, imponendoci anche qui come quelli che sanno ciò che deve essere e ciò che non deve essere: arroganti piccoli dei che credono di sapere e non hanno la umiltà sapiente di ascoltare la corrente e nuotarle in seno, per poter scorrere con essa.

E così via... un elenco che a farlo quasi impaurisce.

Nel fare queste riflessioni non mi angoscio, non mi intristisco, anche se ne avrei motivi più che seri. Al contrario, mi riempio di gratitudine perché sto avvertendo aria nuova, entrata dalla porta del mio cuore. Sento il fresco dell'esterno che si affaccia in me, e senza voler negare passato o azioni di cui solo io sono responsabile e nessuno sconto mi spetta, avverto e sento, la possibilità di fare meglio, capire un po' di più, ascoltare. Se mi zittisco, quando ne ho modo, come ora, nelle prime ore del mattino: ascolto, e sento, voci, sussurri, indistinti, ma forse sempre un po' più chiari del giorno prima.
Avverto come la possibilità di poter avere risposte o messaggi, o aiuti, o suggerimenti o solo pareri.

Sento di non essere solo, che la Vita è ben più ricca di come mi è stata presentata e dipinta in mille modi, fin da quando sono qui su questa Terra.

E questo mi conforta e soprattutto mi fa sentire vivo ed eccitato, perché, realmente, ogni angolo è fonte di scoperta: e non per il proprio egoico sapere e poi mostrare, bensì, per fare un passo verso una serenità ed un contatto con quella Natura di cui sono parte e che , come figliol prodigo, sto tornando a reincontrare veramente, realmente e profondamente.

Grazie! 


giovedì 17 gennaio 2013

Inverno ed Imbolc



Tra circa 15 giorni è la Candelora, la riedizione moderna di Imbolc, la vecchia celebrazione della fine dell'inverno, umana, ovviamente, in quanto la Natura, non sta  a vedere se è una data o l'altra, fa quel che deve.... ma in generale, diciamo che fra circa 15 giorni cominciamo a pensare alla fine di questo inverno che sembra appena iniziato, e questo, a me, personalmente un po' dispiace...
Mi piace l'inverno, credo che da buon "lupo" mi trovi meglio in inverno che d'estate, col freddo, che mi porta a rintanarmi in casa magari sorseggiando un the caldo, a godermi il calduccio, o il fuoco del camino, o l'intimiotà data da quelle cose semplici ma belle, come leggere un libro, fare dei lavori col legno, ascoltare la radio, voci lontane eppure vive, reali...
Mi piace l'inverno perché ferma un po' la scena, come se dicesse uno "stop" alla Vita e rallentasse almeno, questi ritmi che non sono affatto umani, perché falsati, acceletari, da questo voler correre, essere veloci... dover essere veloci a tutti i costi.
Mi piace anche la neve, perché con la neve si coprono le bruttezze, le storture, le atrocità che vedo quando percorro la campagna, anche semplicemente osservando la sporcizia di ciò che noi umani gettiamo in giro fregandocene degli effetti di ciò che facciamo. La neve copre. La neve fa silenzio, perché assorbe i rumori, le grida, il rumore tutto, della vita frenetica ed efficiente che crediamo sia sintomo di progresso, ma che invece brucia la nostra saggezza, la nostra vitalità, l'anima tutta, di noi umani esseri divini.

Ed allora sto ancora assaporando questo inverno, in cui sento proprio il bisogno di silenzio, di fermare, di rallentare e godermi il riflettere, lo scrivere, il leggere, anche lo studiare, anche l'osservare la terra che è spoglia di piante, quelle piantine che a primavera ed in estate curo e accudisco con amore e attenzione e che mi ricambano dandomi cibo, i loro frutti, il loro amore....

Questo inverno mi piace, mi piace la sua pioggia, il suo vento, tutto, come mi piace il sole d'estate, anche se patisco il caldo.
Mi piace quel che Madre Natura, mi dona, tutto, ne godo, ne sono grato, lo sento dentro, mi ci sento parte e lo vivo e ne godo appieno.

Imbolc arriva, lo celebrerò e sarò speranzoso che la Natura non ascolti troppo le date di noi umani, e mi regali ancora un po' del suo dono bianco e silenzioso, questo inverno che ora ancora abbraccia tutti noi con la neve che solo i tg possono definire come una sorta di calamità e che la stupidità di chi li vede può condividere, sempre tesi ad avere paura di tutto, cioè di ogni cosa della Vita.
Imbolc arriva e mi preparò, comunque gioioso e desideroso di celebrare qualcosa che dall'eternità, la Natura dona a tutti, senza distinzione, Lei sì, realmente giusta ed imparziale.

E comunque sia, la Vita è qualcosa di veramante UNICO, comuneu sia e comunque vada.