venerdì 14 marzo 2014



Mi sono svegliato presto, da quando sta arrivando la primavera, o almeno sembra che stia arrivando, mi sveglio presto: l'orologio biologico ha cambiato orario, ha messo l'ora diversa, non legale, ma istintiva e mi fa godere della luce, prima di quando accade in inverno....
Siamo animali ben costruiti devo dire, abbiamo ben più di un potente microprocessore, abbiamo tutto quel che serve, per vivere e capire come farlo nel modo migliore, ma non sfruttiamo le ...”risorse”...

Mi sono svegliato presto e sono uscito fuori a lavorare per liberare una tavola di legno che mi era stata regalata, da una copertura in feltro per poterla utilizzare (la tavola, non la copertura!) per farci la casetta per i pipistrelli che spero la accetteranno...
Mi sono messo fuori a lavorare, per togliere la miriade di chiodi che tenevano a posto la copertura. Il sole qui da me, in questo periodo, arriva da dietro la montagna verso le 8,30 e quindi mentre lavoravo avvertivo il fresco del mattino, tenuto a bada dal lavoro manuale. Lavoravo ma con calma e d'altra parte che fretta c'era, avevo tempo!
Ho tempo!
Mi sono fermato diverse volte, ad ascoltare. Quanto poco siamo abituati a farlo, quanto ci siamo persi nel tempo!
Già ieri sera mentre andavo fino ai bidoni della spazzatura (circa 500 m da casa), con la scusa di gettare un po' di carta, ma in realtà con il desiderio di fare una passeggiata a fine giornata e godere dell'aria, mi ero goduto questa aria nuova e questo “tutto” da cui sono circondato eppure non soffocato, tutt'altro. Nell'aria serale si sentiva un asino ragliare di fronte, ancora qualcuno segare la legna, come aveva fatto per l'intera giornata, e uccelli cinguettare calmi e non entusiasti come al mattino, quando sono felici del nuovo giorno che li abbraccia. Sentivo lo scorrere del torrente poco sotto e l'odore dell'aria che mi veniva incontro. Era una scena leopardiana, bucolica, era quella che avevo la fortuna di vivere.
E stamane si è ripetuto questo che potremmo definire letterariamente un miracolo, e che invece è la normalità, quella che dovrebbe essere la normale vita di un animale bipede.
Gli uccelli stavolta allegri e vivaci come ogni mattino sia che ci sia sole, che piova, i rumori lontani di lavoro nei campi o davanti le case, un lontano odore di legna bruciata e quel silenzio carico di vita e non morto come fra l'asfalto durante la notte o la domenica d'estate....

Mi fermavo e poi riprendevo il mio lavoro.
Ho estratto chiodi su chiodi e pian piano il legno è tornato a farsi vedere ed io ero contento, perché avevo il legno per fare la casa ai chirotteri e non dovevo comprarla, non volevo farlo. Non per tirchieria, ma perché di legna ne ho e non ha senso comprare quello che già si ha.
Così, lentamente è trascorso del tempo, una mezzora, forse un'ora.
Piano piano è uscito il sole, si è alzato dal suo letto, dietro la montagna e mi ha scaldato le ossa, come diceva Ungaretti.
Ho estratto chiodi che ho visto essere ancora utili, e … li ho messi in un barattolo, perché buttare non è nel mio stile, specie quando la roba si può realmente ri-usare.

Alla fine mi sono trovato col legno pronto per fare la casetta, chiodi che se serve posso usare, e del tempo trascorso gustando la Vita e con qualcosa che non si descrive e che non ha prezzo, qualcosa che rimane e non si vede, come il trucco.....

Tanta serenità d'animo.


mercoledì 12 marzo 2014

Sono tornato alla "mia" terra








Lo scrivo fra virgolette perché la terra, a mio parere, non appartiene a nessuno, forse siamo noi, maggiormente, ad appartenerle, visto che quando finiremo la nostra opera qui, a lei torneremo...
Ma piace pensarlo e sentirlo anche: “la mia terra”, nel cuore, e quindi anche io scrivo così, nessuno se ne avrà a male, credo....

Sono tornato ieri, dopo giorni di assenza.
Motivata e bene anche, ma di assenza che, oggi me ne rendo conto, mi aveva lasciato una sorta di vuoto, anche se non doloroso, non nel senso comune, un senso di attesa, di mancanza forse, di qualcosa che...manca, sì, credo sia questo!
Stavo bene lontano, immerso nella città, nella normalità e nella vita che tutti consideriamo normale, perché così ci è stato insegnato fin da bambini, da genitori ignari anch'essi, per la maggior parte, o comunque convinti che fosse meglio per i loro figli, avere una vita diversa.
Così nel tempo, gradualmente, pian piano, ci siamo assuefatti al veleno, esattamente come Mitridate; e quel veleno è diventato quasi necessario alla nostra sopravvivenza, come la droga che ti manda in crisi di astinenza.

Così crediamo tutti, io per primo fino a ieri, che stare tra tanti, inglobati in cubicoli, accatastati peggio che la legna da ardere, intristiti da una solitudine vissuta nel chiasso e nel mucchio di tanti come noi, eppure atroce e straziante, piegati nello spirito e nell'animo da una frusta assai più efficacie di quella degli schiavi nelle piantagioni di cotone, lentamente crediamo e ci convinciamo, che quello sia l'unico modo di vivere e forse addirittura il migliore, anzi, ci si ritiene fortunati della nostra evoluzione.

Ma basta, poi, avere un flash, un piccolo sprazzo di vita fuori dal normale e magicamente avvertiamo in noi cose sconosciute, emozioni, odori, rumori, canti di animali, voci lontane, scorrere di acqua, vento fra le foglie, e una serenità che mai avremmo creduto esistere.
Per salvarci l'animo spesso la cataloghiamo come relax dallo stress della vita quotidiana, da vivere e gustare, ma.... per poi tornare alla normalità, senza farci illusioni e senza montarci la testa.
Però, alle volte, ci si sveglia, ci accade, per fortuna, come Paolo sulla via di Tarso, di cadere da cavallo e nell'avvertire il dolore, di aprire uno sguardo, di fare silenzio e porci domande senza avere quel condizionamento di sempre, mettendolo, invece, da parte per un momento.
E avvertiamo che non è come avevamo sempre creduto.
Intuiamo che c'è dell'altro, che dietro l'angolo non c'è il vuoto buio e nero e... pericoloso, ma altro: altro di diverso, che vale quanto quello a cui siamo avvezzi e che forse ci va anche di andare a esplorare, magari per poi tornare indietro, ma almeno consapevoli.

Alle volte accade.

Alle volte no, alle volte scappiamo, scriviamo agli amici su FB che abbiamo visto cose splendide, mandiamo anche delle foto scattate sul momento, perché una visione è meglio di tante parole e … scrivere fa fatica, fa anche male, alle volte, può far pensare a noi stessi, può metterci davanti alla verità.

E poi torniamo a fare le cose di sempre.



Alle volte no.
Talvolta, per qualche fortunata coincidenza non facciamo così, bensì mettiamo nel cuore ed accumuliamo, accumuliamo e facciamo nostre e poi... un giorno scopriamo l'acqua calda: che siamo animali, fatti per vivere e non per soprav-vivere, che visto che diciamo di avere il libero arbitrio possiamo anche scegliere di andare fuori e provare a buttarci nel vuoto che poi vuoto non è, finché abbiamo questa possibilità, ché lentamente stanno elaborando modi per togliercela, questa libertà.

E quando allora, come ieri sera, torni e senti l'odore della terra, quando ci corri a mettere le mani dentro e ti senti bene, senza per questo condannare e bruciare come eretico tutto il resto, solo, godendo di questa possibilità che la Vita ti offre e regala, allora hai la conferma, che quello che credevi e temevi fosse un salto pericoloso, non era altro che un tornare seguendo un richiamo che avevamo e che abbiamo tutti, dentro....


E ti fermi, lasci che il rumore si posi, stai immobile, cerchi la luna con lo sguardo e in silenzio, ché ogni parola sarebbe di disturbo a te stesso, preghi, ringrazi e respiri a fondo, perché la tua preghiera è quella, non è una litania inventata da altri uomini, ma è la voce del tuo cuore e la lasci fluire pregno di gratitudine e di serenità e auguri a te di poterla condividere quella sensazione e quei momenti, prima o poi, con chi tu sai.....