Sto
davanti a queste strane dune, di un a colore che è strano
anch'esso: non è il giallo scuro della sabbia, non è marrone, ma un
colore che non riesco a descrivere e che tuttavia è ben presente
nella mia memoria ora che scrivo. Osservo queste dune spostarsi,
spinte dal vento, modificate, modellate, fatte scivolare le une sulle
altre, alcune dentro altre, altre sopra le prime, in un continuo
divenire che si modifica con continuità eppure senza alcuna
violenza, solo senza fine.
Arrivo
dall'alto a vedere questo panorama immenso e nuovo per me. Arrivo
all'improvviso sbucando dal vento, dopo oltre un ora che mi ha tolto
finanche il respiro. E' forse tramontana, non so e non conta, ma so
quanto è stato freddo e intenso, da portarmi con la mente a ricordi
antichi, quelli in cui piccolo uomo ero inorridito dal mancare il
respiro per il vento che mi riempiva i polmoni.
Ora sbuco
da questa altura ed ho questo mare davanti, senza fine, senza
orizzonte, solo con le dune che si spostano, giocano quasi, scorrono
in un continuo modificarsi di ciò che vedo. Mi impressiona vedere
tutto questo, mi impressiona perché nuovo eppure strano, mi colpisce
perché mi dà la dimensione dell'immenso e della mia contemporanea
piccolezza.
Il colore
si modifica anch'esso, qualche raggio di sole, appena accennato,
filtra tra le nuvole marroni o grigie anch'esse e riflette sulla
superficie. Il vento non cessa. Il vento scorre e soffia, spinge e
spazza, il vento è continuo ormai da due giorni, il freddo scende
nelle ossa, eppure sento qualcosa di eternamente bello e sacro che
mi viene consentito di ammirare.
Sono al
faro, questa torre bianca da cui forse solo pochi anni fa, qualche
uomo, addetto a starci, mirava l'alba come me oggi, oppure il
tramonto ed il sole sparire dietro la linea di fondo della scena.
Sulla
collina il vento c'è sempre, oggi di più.
Sono
arrivato dopo chilometri spesi a correre o camminare non so bene, ma
sono sempre belli, è sempre sacro affacciarsi qui da questo posto
sulla divinità della Grande Madre, affacciarsi a vedere quanto ci
sta da riflettere ed ammirare e godere, senza voler dominare.
MI fermo
intontito dal freddo eppure affascinato, mi fermo a guardare e a bere
la scena come fosse cibo, forse per l'animo, come fosse di che
nutrire me stesso, immerso in ben altro, eppur premiato da questa
gemma del mattino.
Guardo a
destra, lontano le luci ancora della notte si stanno spegnendo, forse
verso l'aeroporto internazionale, o il porto dei ricchi che là sta a
mostrarsi, bello e finto. Dall'altro lato i resti di un castello che
forse proteggeva un tempo da scorrerie piratesche ed oggi è posto
per pescatori solitari. La centrale nucleare anche, da chilometri
manda le sue tetre ombre sull'orizzonte e ricorda quel che sappiamo
fare, noi piccoli presuntuosi.
Ma
davanti a me le dune continuano a scorrere, la sabbia d'acqua si
solleva in nuvole appena accennate, vapore di freddo spinto in
piccoli vortici e lasciato cadere metro dopo.
Si muove
tutto, si sposta, non c'è un millimetro immobile, eppure è tutto di
un immensa stabilità e solidità che impressiona la mia piccola
mente.
Le parole
arrivano ora, ore dopo, nel caldo, davanti a fiamme che scintillano
dal legno messo a bruciare, davanti al foglio su cui la penna lascia
segni che solo altri come me sanno capire, che Lei, la Grande Madre
non cura, di cui non ha bisogno.
Ma il
bisogno di raccontare, di rivivere, ricordare e tramandare, è
troppo, e noi piccoli umani siamo così, ed io anche, condivido
questa nostra condizione.
Ma in
quel momento, lo ricordo bene, nessuna parola sarebbe mai potuta
uscire, non ce n'era alcuna adatta, eppure il cuore si riempiva di
immenso, l'anima era spettatrice di qualcosa di raro.
Ora torna
tutto, ora gli occhi tornano là, il cuore rivive e ricorda.
Ora da
piccolo umano so e descrivo e dico e analizzo e spacchetto quel
qualcosa che Lei mi ha donato.
Ora sono
qui a dire.
Eppure so
che non basta, mai basterà, mai saranno giuste le mie povere
sillabe. Ma devo, non posso non farlo.
Altri
verranno, dopo me, altri sono stati prima. Troveremo modi diversi,
altri ne sono stati inventai e migliori del mio.
Eppure.
Lei, la
Grande Madre, ignara, senza alcun bisogno di ciò, continua da
infiniti secoli e milioni di anni, e scorre, tranquilla, senza tutte
queste piccole necessità, potente nel Suo essere com'è, immensa del
Suo Sé Stessa.
Anche
solo avere avuto questo onore, questo privilegio, di poter formulare
pensieri di questo, per me è gioia immensa, è onore, è dono per la
vita mia.