lunedì 1 novembre 2010

Una Vita

Amo andare in riva al mare quando il tempo è brutto.

E' brutto per tutti, o per tanti, ma non per me: la natura si scioglie dei legacci di sempre e si manifesta ed esplode nella sua bellezza, allo stesso modo di quando esplodono i colori della primavera, sono cose diverse eppure bellissime allo stesso modo, per me.

Il vento soffia forte, sbatte il cordame delle barche che hanno rinforzato gli ormeggi, sento sbatacchiare le catene e tintinnare i metalli, sento i miei polmoni riempirsi di aria e di vita e sento gli spruzzi di acqua salina bagnarmi la fronte e sono felice, dentro.

Io uomo dei monti godo del mare, perché la natura, lo spazio, è uno solo, è quello, dove lo trovi lo vivi!

Oggi ho fatto uguale ed andavo verso la punta del molo, mirando le nuvole grigie che correvano in cielo sotto altre più grigie ancora, facendo prevedere acqua, quando scorrendo vicino alle mille barche attraccate nelle acqua riparate del porto, improvviso, un uomo con l'accappatoio che stava legandosi il tutto meglio, alla cinta, ha colpito il mio sguardo. Anziano quanto basta ad aver vissuto una vita, ma giovane nel portamento e nell'aura che intuivo sotto la spugna verde che lo copriva. Aveva poggiato in terra il sacchetto della spazzatura, aveva ciabatte da letto, da casa, da camera... Ha stretto la cinta, per non rimanere mezzo nudo, visto il vento, ed ha raccolto il sacchetto dei mille che tutti conosciamo e che affollano i cosiddetti “secchioni” (non quelli dei banchi di scuola, ma quelli che emanano aromi un po' diversi...) e lo ha portato appunto “all'isola ecologica”, come ipocritamente, oggi, al porto della mia città, viene denominato il posto dove si scaricano i rifiuti!

Era come se uscisse di casa, come il vicino di casa mia che al mattino mette il sacchetto davanti alla porta per portarlo via, dopo, quando scende e va al lavoro, ma era al porto, vicino ad un molo, non in un condominio. Eravamo vicina a barche di vario genere e non grandi, ma con una loro dignità ed una loro storia, una per una.

Mi sono incuriosito ed avvicinato e sono andato da lui e... cosa che anni fa mai avrei fatto, ho attaccato discorso.

Ero sinceramente incuriosito ma anche attirato, dal fatto che intuivo aveva dormito in barca, ma non per una notte, bensì come normale sua vita, e lo speravo mentre mi avvicinavo, speravo fosse uno che aveva rotto quelle catene che ci inchiodano alla normalità, fosse uno che in qualche modo avesse fatto una cosa diversa.

Un approccio un po' timido e rispettoso e poi lui è partito a raccontare, sembrava aspettasse questo momento, o forse qualcuno cui poter raccontare la sua vittoria, la sua fuga vittoriosa.

Una vita vissuta in modo tradizionale, densa di tutto, gioie e dolori, come per ognuno, e poi il gesto, dettato da circostanze varie, ma meditato da secoli, sognato forse da sempre.

Ora vive là, in una barca, non come il Sonny Crocket di Miami Vice della TV, in una barca ricca e con la Ferrari parcheggiata accanto all'attracco, bensì in una barca di una dozzina di metri, non a vela ma misto vela e motore, abbastanza comoda per viverci un po', ma certo strana per viverci sempre, almeno a giudizio di uno che non ci sta, come me.

Eppure lui ci sta, sempre, ci trascorre la sua vita, ci scrive libri, ci cucina e ci si diverte, lui ci ha costruito il suo mondo e ne è fiero e felice.

Non ha bisogno della vasca da bagno stile villa di Beverly Hills, né della TV al plasma da 50 pollici, né ancora della cucina di 4 metri per fare banchetti per 20 persone, come in un ristorante, ha bisogno di quello che la sua vita gli chiede, di spazio e libertà, di spazio vitale, seppure limitato ai miei occhi, eppure intonso ed intoccabile, ha bisogno di meno cose di quelle che io credo indispensabili e quelle lui le ha, se le è fatte e costruite, ma lui ha un mondo costruito a misura sua e ci sta bene. Lui vive!

Ha fatto un passo, e lo ha fatto con paura e con rischio, ora ne gode le conseguenze; il coraggio premia e non è detto debba essere il coraggio di fare lotte titaniche, le vere lotte titaniche sono quelle contro le paure nostre, quelle nascoste dentro noi stessi, quelle che spesso vogliamo ignorare e cancellare voltandoci a guardare altrove.

Quest'uomo non ha usato tante parole per mostrarmi la sua vita, mi ha solo detto “Eccola, guarda!” a me che avevo chiesto, e poi ha lasciato a me di farne ciò che io debbo, con quel che lui mi ha offerto, con generosità.

Lasciando me a tornare alla vita in cui temo intrusioni dai vicini, me che vivo in piccole celle come tante api umane di un alveare atipico, e lasciando a me di fare le mie riflessioni.

Lui è tornato a vivere la sua vita, a godere del suo spazio e del suo tempo, tranquillamente senza clamore, bensì in silenzio, quel silenzio che io avevo interrotto, forse piacevolmente.


A me ha lasciato domande e un esempio.