martedì 24 febbraio 2015

O tempora o mores



Mi sfogo qui, dove nessuno, o quasi legge e quindi faccio poco danno, ma almeno mi sfogo :-)

Ormai viviamo un periodo in cui appare normale, e del tutto tranquillamente accettato come usuale modo di fare, l'essere maleducati, cafoni ed addirittura arroganti nel pretendere di essere nel giusto.

Faccio un banale esempio, ma ne potrei fare mille.

Cerco un gatto. Una amica mi segnala, su FB,  una signora romana che è molto attiva, anzi fa quasi da riferimento per altri come lei, per associazioni e vari centri di assistenza e ricovero. Quale persona migliore?
Le scrivo esternando la mia problematica, le mie esigenze, quello che è il mio vedere, ed anzi, chiedendo lumi, eventuali, se ho convinzioni e idee fondate su errori, Finalizzo addirittura fornendo spontaneamente il mio nr di cellulare.
Questo avviene di venerdì.

Passa l'intero week end, nulla.
Penso che la signora sia fortunatamente impegnata nel vivere il suo week end.... Però vedo che la medesima ha avuto il tempo di postare un paio di foto del'ennessimo gatto da salvare, sul suo profilo FB.
Allora poteva anche avere il tempo di scrivermi che non voleva avere a che fare con me...? O che non aveva tempo...? O altro....
Ma non si è degnata.

Di recente da una volontaria a cui avevo scritto chiedendo appunto, informazioni circa un altro gatto, ed a cui avevo detto che per risparmiare, potevo, se voleva, scrivere io, avevo avuto il silenazio dopo scambio di sms. In cui mi diceva ....niente!

Ma forse questa gente riserva tutto il suo amore agli amici quattrozamputi...? certo? Ed ai bipedi umani riserva la sua cafonaggine?

Purtroppo pare essere un problema non di amici degli animali, ma di umani che dagli animali dovrebbero imparare un modo del tutto normale di comportarsi, un modo rispettoso, basato forse su semplicità, ma certo non sulla spocchia e sullo snobismo o peggio sulla cafonaggine.

C' solo da dire che mi sono stufato di questa maniera di fare e che pare essere data per scontata, per normale... per cui da oggi reragirò, senza cattiveria, ma dicendolo in faccia, scrivendolo, insomma non dando affatto per scontato questo "normale"...alla signora amica degli animali scriverò, che è una maleducata. Non servirà certo a cambiare il suo modo di fare, lei è e rimarrà maleducata, ma almeno io mi leverò un sassolino, e mi sentirò meno oppresso da questa finta e ipocrita maniera di apparire bravi, ma dietro cui c'è solo idiota maleducazione e nulla altro, un nulla vuoto di nulla, se non si trova il tempo di rispondere con due parole ad una persona che ci ha proposto anche di esserci utile, tra l'altro.

Che pena!



mercoledì 7 maggio 2014

Adesso basta !






Simone Perotti , in un video, descrivendo la sua giornata o la sua casa, dice che “adesso basta !” (titolo del suo libro più famoso) è … e fa vedere come vive un normale mercoledì, nel suo “paradiso” guadagnato facendo la sua scelta, e quindi non vivendo più nel cosiddetto “sistema”.


Oggi ero nel mio orto, vivendo la mia giornata, e facendo quello che serviva alla mia vita, vivendo ogni istante del mio tempo, pur occupandomi di cose del tutto ordinarie, come tagliare l'erba, piantare cipolle, o riparare i bastoni su cui si arrampica la pianta di lampone; ad un certo momento la mia attenzione è andata a quel tronco di cipresso che sta da una parte, da oltre un anno, abbattuto perché spezzato dopo un temporale, ed in attesa di essere utilizzato per altri impieghi (come, ad esempio, farci una panchina...). 

Non che non lo conoscessi, quel tronco, ci passo attorno ogni volta che taglio l'erba ed ogni volta mi dico:” lo devo togliere”, perché so che va fatto prima o poi, ma ancora non lo faccio.




Come se lo vedessi per la prima volta, ho colto i disegni particolari ed unici, e la bellezza della base del suo tronco, rimasto all'aria, dopo essersi abbattuto in una notte di vento intenso.


Ho deciso di smettere di lavorare all'orto e di prendere la macchina fotografica.




Adesso basta!” è questo oggi, per me: poter smettere, poter lasciare ciò che sto facendo e dedicare il mio tempo, quello che non tornerà, a fare le foto e godere di quel pezzo di vita apparentemente morta e dedicare tutto me stesso a questa azione.

Adesso basta!” per me oggi è questo: poter godere  liberamente delle mie scelte e decidere di fare questo, in un normale mercoledì (come per Perotti...) e sentirmi ed essere libero, di tanto poco, che poco non è affatto, perché Vivere è proprio questo!








martedì 6 maggio 2014

Fare, ma "come" ?...




Viviamo in una società che gradualmente sta intasando tutti gli “spazi di manovra libera” dell'individuo.
Intendo dire che si stanno gradualmente realizzando strumenti che apparentemente servono soltanto a “tenerci informati”, a “garantirci la libertà di pensiero e di informazione”, lo “scambio libero di idee”, ecc.: penso ai vari network come FB che dai più viene usato come libero sfogo, come una sorta di “blog personale” su cui sfogare le proprie solitudini sperando di essere letti/ ascoltati, ma penso anche a tante notizie spesso in parte vere e poi invischiate di falsità, che ci danno l'impressione di sapere tanto e poi in realtà ci intasano la mente di “chiasso”, togliendoci la possibilità di udire ciò che conta, ma soprattutto di pensare con la propria testa.

I medesimi strumenti possono essere usati, se con vera ratio, per consentirci di sapere quel che c'è da sapere, e poi lasciando al nostro cervello la capacità di analizzare e pensare, togliendoci quel “fammi leggere cosa ne pensa lui ” che tanto irretisce e poi lentamente ci porta a seguire l'opinione del tizio di turno.
Molto difficile districarsi, come tra i rovi, dove puoi trovare le more come altre piante che ti invischiano fino ad impedirti di procedere e vedere oltre.
Sta a noi imparare e usare nel debito modo.

Si impara, se si vuole.


Ma al tempo stesso non si può soltanto rinchiudersi nelle proprie piccole “aree di sicurezza” personale date dall'orticello o dalla casetta ottenuti seppure con sacrifici. Intendo aree fisiche, ma anche e soprattutto mentali.

E fare e darsi da fare lo si può in molti modi e credo che ognuno debba trovare quelli che gli sono più congegnali.

Anche parlare con gli altri, finanche sui network, ma dicendo non le frasi che apparentemente sono belle e profonde, ma che all'atto pratico non dicono nulla di realmente nuovo e diverso: servono a farci credere di dire e fare.
Intendo parlare per fare: che sia un modo diverso di vivere, che sia un lasciare lavori schiavizzanti, che sia iniziare attività diverse, che sia imparare a ri-usare, che sia dare un aiuto o una risposta a chi chiede per conoscere qualche cosa che noi sappiamo già o stiamo imparando, per iniziare la propria personale strada verso una emancipazione di cui TUTTI siamo eticamente in credito verso la Vita.

Ma anche uscire e fare, se possiamo, se sentiamo che questo vogliamo e sentiamo il bisogno di dare qualcosa di noi stessi al vicino, che sia anche solo il “saper fare”, quel che sia sia....

A questo proposito voglio segnalare uno spazio che proprio di recente ho scoperto e che ha dei contenuti che per certi aspetti vedo stimolanti, uno spazio su cui non ho tante risposte, ma direi più domande e questo mi piace:


Poi ognuno ha la sua testa ed ognuno saprà cosa farci, anche niente!...

Importante è non “adeguarci”, non “rassegnarci”, ma rimanere Vivi, non solo strisciando, ma alzandoci, perché la nostra dignità lo esige!



lunedì 5 maggio 2014

I "bruscandoli" della Lunigiana



Oggi ho fatto un giro di perlustrazione nell'orto dopo alcuni giorni di “trasferta” ed ho scoperto con estrema gioia e gratitudine che attorno al mio pezzetto di terra, sulle protezioni di vario tipo che la circondano, sono cresciuti moltissimi germogli di luppoli selvatici ovvero anche “bruscandoli” (credo che sia un nome veneto se non erro...).
La soddisfazione è stata tanta, forse ingenua e un po', come dire, eccessiva per qualcosa che per tanti è naturale, eppure, poter cogliere tanti di quei piccoli germogli, farne una bella scorta per farne la frittata, e vederli così, dono della Grande Madre, mi ha riempito di gioia una volta di più e fatto riflettere su quanto ci siamo “dimenticati vecchie origini, abilità antiche, abitudini salutari, per gettarci a capofitto in quel mezzo suicidio che è la vita attuale, in cui i progressi vengono pagati molto cari, mettendo sul piatto della bilancia tante cose che sarebbero basilari per una vita realmente “serena”.
Aver goduto di un banale e semplice regalo di Madre Natura, aver avuto questa fortuna, oggi, mi ha dato pochi minuti di serena gratitudine anche in considerazione della fortuna di poter godere di questo privilegio: vivere non tra il cemento, ma nel verde, potendo affacciarmi alla porta di casa e udire gli uccelli cantare liberi o il vento avvolgermi, o godere del calore del sole adesso al tramonto dietro la montagna che mi guarda dalla cucina o al suo sorgere al mattino dall'altra parte.
Tutto questo non ha prezzo, ovvero, ne ha uno: la scelta, dentro se stessi.
La Madre richiama, il lupo risponde, e tutto pare andare nella direzione giusta. Il resto non scompare, rimangono malattie, morte, sofferenze, ma è come se potessero essere meno fuori da tutto, come se tutto facesse parte di qualcosa di unico. Non si dimenticano i problemi, solo, si ha anche qualcosa che arriva dentro: è come un ritorno alle radici, qualcosa di animale che si fa sentire da dentro, dal profondo.

Ora la smetto di filosofeggiare, lavo i bruscandoli e mi preparo, i regali sono sempre ben accetti...e ci aggiungo anche dei fiori di tarassaco fritti...
Arriva sera, dopo avere messo le mani nella la terra, si raccattano le cose, si va a cena contenti, si è vissuto un giorno, non si è semplicemente ingannato il tempo.

Grazie :-)


venerdì 14 marzo 2014



Mi sono svegliato presto, da quando sta arrivando la primavera, o almeno sembra che stia arrivando, mi sveglio presto: l'orologio biologico ha cambiato orario, ha messo l'ora diversa, non legale, ma istintiva e mi fa godere della luce, prima di quando accade in inverno....
Siamo animali ben costruiti devo dire, abbiamo ben più di un potente microprocessore, abbiamo tutto quel che serve, per vivere e capire come farlo nel modo migliore, ma non sfruttiamo le ...”risorse”...

Mi sono svegliato presto e sono uscito fuori a lavorare per liberare una tavola di legno che mi era stata regalata, da una copertura in feltro per poterla utilizzare (la tavola, non la copertura!) per farci la casetta per i pipistrelli che spero la accetteranno...
Mi sono messo fuori a lavorare, per togliere la miriade di chiodi che tenevano a posto la copertura. Il sole qui da me, in questo periodo, arriva da dietro la montagna verso le 8,30 e quindi mentre lavoravo avvertivo il fresco del mattino, tenuto a bada dal lavoro manuale. Lavoravo ma con calma e d'altra parte che fretta c'era, avevo tempo!
Ho tempo!
Mi sono fermato diverse volte, ad ascoltare. Quanto poco siamo abituati a farlo, quanto ci siamo persi nel tempo!
Già ieri sera mentre andavo fino ai bidoni della spazzatura (circa 500 m da casa), con la scusa di gettare un po' di carta, ma in realtà con il desiderio di fare una passeggiata a fine giornata e godere dell'aria, mi ero goduto questa aria nuova e questo “tutto” da cui sono circondato eppure non soffocato, tutt'altro. Nell'aria serale si sentiva un asino ragliare di fronte, ancora qualcuno segare la legna, come aveva fatto per l'intera giornata, e uccelli cinguettare calmi e non entusiasti come al mattino, quando sono felici del nuovo giorno che li abbraccia. Sentivo lo scorrere del torrente poco sotto e l'odore dell'aria che mi veniva incontro. Era una scena leopardiana, bucolica, era quella che avevo la fortuna di vivere.
E stamane si è ripetuto questo che potremmo definire letterariamente un miracolo, e che invece è la normalità, quella che dovrebbe essere la normale vita di un animale bipede.
Gli uccelli stavolta allegri e vivaci come ogni mattino sia che ci sia sole, che piova, i rumori lontani di lavoro nei campi o davanti le case, un lontano odore di legna bruciata e quel silenzio carico di vita e non morto come fra l'asfalto durante la notte o la domenica d'estate....

Mi fermavo e poi riprendevo il mio lavoro.
Ho estratto chiodi su chiodi e pian piano il legno è tornato a farsi vedere ed io ero contento, perché avevo il legno per fare la casa ai chirotteri e non dovevo comprarla, non volevo farlo. Non per tirchieria, ma perché di legna ne ho e non ha senso comprare quello che già si ha.
Così, lentamente è trascorso del tempo, una mezzora, forse un'ora.
Piano piano è uscito il sole, si è alzato dal suo letto, dietro la montagna e mi ha scaldato le ossa, come diceva Ungaretti.
Ho estratto chiodi che ho visto essere ancora utili, e … li ho messi in un barattolo, perché buttare non è nel mio stile, specie quando la roba si può realmente ri-usare.

Alla fine mi sono trovato col legno pronto per fare la casetta, chiodi che se serve posso usare, e del tempo trascorso gustando la Vita e con qualcosa che non si descrive e che non ha prezzo, qualcosa che rimane e non si vede, come il trucco.....

Tanta serenità d'animo.


mercoledì 12 marzo 2014

Sono tornato alla "mia" terra








Lo scrivo fra virgolette perché la terra, a mio parere, non appartiene a nessuno, forse siamo noi, maggiormente, ad appartenerle, visto che quando finiremo la nostra opera qui, a lei torneremo...
Ma piace pensarlo e sentirlo anche: “la mia terra”, nel cuore, e quindi anche io scrivo così, nessuno se ne avrà a male, credo....

Sono tornato ieri, dopo giorni di assenza.
Motivata e bene anche, ma di assenza che, oggi me ne rendo conto, mi aveva lasciato una sorta di vuoto, anche se non doloroso, non nel senso comune, un senso di attesa, di mancanza forse, di qualcosa che...manca, sì, credo sia questo!
Stavo bene lontano, immerso nella città, nella normalità e nella vita che tutti consideriamo normale, perché così ci è stato insegnato fin da bambini, da genitori ignari anch'essi, per la maggior parte, o comunque convinti che fosse meglio per i loro figli, avere una vita diversa.
Così nel tempo, gradualmente, pian piano, ci siamo assuefatti al veleno, esattamente come Mitridate; e quel veleno è diventato quasi necessario alla nostra sopravvivenza, come la droga che ti manda in crisi di astinenza.

Così crediamo tutti, io per primo fino a ieri, che stare tra tanti, inglobati in cubicoli, accatastati peggio che la legna da ardere, intristiti da una solitudine vissuta nel chiasso e nel mucchio di tanti come noi, eppure atroce e straziante, piegati nello spirito e nell'animo da una frusta assai più efficacie di quella degli schiavi nelle piantagioni di cotone, lentamente crediamo e ci convinciamo, che quello sia l'unico modo di vivere e forse addirittura il migliore, anzi, ci si ritiene fortunati della nostra evoluzione.

Ma basta, poi, avere un flash, un piccolo sprazzo di vita fuori dal normale e magicamente avvertiamo in noi cose sconosciute, emozioni, odori, rumori, canti di animali, voci lontane, scorrere di acqua, vento fra le foglie, e una serenità che mai avremmo creduto esistere.
Per salvarci l'animo spesso la cataloghiamo come relax dallo stress della vita quotidiana, da vivere e gustare, ma.... per poi tornare alla normalità, senza farci illusioni e senza montarci la testa.
Però, alle volte, ci si sveglia, ci accade, per fortuna, come Paolo sulla via di Tarso, di cadere da cavallo e nell'avvertire il dolore, di aprire uno sguardo, di fare silenzio e porci domande senza avere quel condizionamento di sempre, mettendolo, invece, da parte per un momento.
E avvertiamo che non è come avevamo sempre creduto.
Intuiamo che c'è dell'altro, che dietro l'angolo non c'è il vuoto buio e nero e... pericoloso, ma altro: altro di diverso, che vale quanto quello a cui siamo avvezzi e che forse ci va anche di andare a esplorare, magari per poi tornare indietro, ma almeno consapevoli.

Alle volte accade.

Alle volte no, alle volte scappiamo, scriviamo agli amici su FB che abbiamo visto cose splendide, mandiamo anche delle foto scattate sul momento, perché una visione è meglio di tante parole e … scrivere fa fatica, fa anche male, alle volte, può far pensare a noi stessi, può metterci davanti alla verità.

E poi torniamo a fare le cose di sempre.



Alle volte no.
Talvolta, per qualche fortunata coincidenza non facciamo così, bensì mettiamo nel cuore ed accumuliamo, accumuliamo e facciamo nostre e poi... un giorno scopriamo l'acqua calda: che siamo animali, fatti per vivere e non per soprav-vivere, che visto che diciamo di avere il libero arbitrio possiamo anche scegliere di andare fuori e provare a buttarci nel vuoto che poi vuoto non è, finché abbiamo questa possibilità, ché lentamente stanno elaborando modi per togliercela, questa libertà.

E quando allora, come ieri sera, torni e senti l'odore della terra, quando ci corri a mettere le mani dentro e ti senti bene, senza per questo condannare e bruciare come eretico tutto il resto, solo, godendo di questa possibilità che la Vita ti offre e regala, allora hai la conferma, che quello che credevi e temevi fosse un salto pericoloso, non era altro che un tornare seguendo un richiamo che avevamo e che abbiamo tutti, dentro....


E ti fermi, lasci che il rumore si posi, stai immobile, cerchi la luna con lo sguardo e in silenzio, ché ogni parola sarebbe di disturbo a te stesso, preghi, ringrazi e respiri a fondo, perché la tua preghiera è quella, non è una litania inventata da altri uomini, ma è la voce del tuo cuore e la lasci fluire pregno di gratitudine e di serenità e auguri a te di poterla condividere quella sensazione e quei momenti, prima o poi, con chi tu sai.....



giovedì 12 dicembre 2013

Dopo... il vuoto


Sono tornato nel luogo dove ho trascorso gli ultimi 7 anni, a sud di Roma. 
Una visita non dovuta, bensì voluta: per rivedere amici e persone con cui ho condiviso anni, sofferenze e gioie e lavoro. 
C'è stato lo stare insieme, il parlare, lo scambiarsi qualche idea, e poi una cena, molto informale, anche se in un bel posto.
Ho trascorson pomeriggio ed una sera con persone con cui fino a qualche mese fa ero molto in contatto, quasi quotidiano, con cui si sono condivise cose assai profonde e significative, avventure di vita assai importanti per tutti.

A ne esco con poco o nulla dentro.

E' doloroso doverlo ammettere con me stesso, ma ormai, sono fuori dalle loro vite e quindi in pratica dai problemi e dai discorsi, e quasi forse addirittura scomodo, scomodo nel mio avere scelto una strada diversa, differente dalle loro, pur senza permettermi di giudicare nulla.
Scomodo perché alle volte vedere che certe cose che diciamo di volere, qualcuno poi, pagando e caro, lerealizza, ci mette di frone alle nostre debolezze: parlare... e mai agire.... continuare a raccontarci una storia densa di scuse....
Non so se sia così, ma ne ho avuto un vago sospetto.
 
Sono tornato qui a casa, vicino a Roma, stanotte con un senso di vuoto immane e di sofferenza, per aver constato come nella stragrande maggioranza dei casi, quel rapporto che chiamiamo amicizia, pur se consolidata, appunto da anni e dalla condivisione di molte vicende, quel rapporto si spegne soltanto ad allontanarsi fisicamente, non regge alla distanza, alla non quotidianità.
Ho trovato i miei “amici” immersi ognuno nella loro quotidianità, nel vortice dei pensieri, dei problemi e delle difficoltà delle loro vite, assai poco interessati a come io poi spenda il mio tempo, se non in modo informale, quasi di forma, ma molto poco di sostanza.
Alla fine i discorsi sono girati attorno alle loro quotidianità, la mia o non interessava, o peggio (sospetto),metteva a disagio, forse perché mostrava che si può anche vivere diversamente e sopravvivere...

Purtroppo (o per fortuna, non so...) ho sviluppato nel tempo una sensibilità che mi fa avvertire queste situazioni, mi fa accusare queste vicende, questo “vissuto”. Non che ci ripensi e me ne senta offeso, ma sicuramente sento il sapore che rimane, lo avverto e molto ben chiaro, molto netto.
E sento l'amaro.

Mi chiedo quanto, oggi (ma nei tempi passati sarà stato ancora così o no?), questi rapporti siano appunto profondi, veri, realmente sentiti e non solo vissuti perché ….”fa comodo”... un amico non è un vero amico, ma fa comodo perché non sei solo, nell'andare al cinema, nel trascorrere il tempo in ufficio, o a fare jogging.... ma nella sostanza rimane un estraneo, che quando esce di fatto dalla tua vita per viverne una diversa, magari lontano fisicamente, diventa una parte estranea a tutto di te stesso, di cui non ti importa realmente sapere e conoscere.
Ho sempre considerato una fortuna poter ascoltare la vita di un altro, apprendere come lui vive, cosa prova, cosa fa, e osservare, in silenzio, perché da questo imparo, mi arriva qualcosa, o forse anche nulla, ma pur sempre è qualcosa che arricchisce la mia esistenza.
Ed invece, ieri, ho avuto l'impressione che l'intensità del rapporto passato sia stata solo la motivazione per stare insieme, per scambiarsi segni di “formale” affetto, ma che dentro, nei cuori, ci fosse poco, se non nulla...
Non sappiamo più fermarci, fare sosta nel nostro vortice di problemi quotidiani, della nostra esistenza, per are posto all'ascolto, alla curiosità, all'osservare altro da noi. Per fare silenzio!
Siamo talmente afferrati alla gola da questo soffrire così diffuso, da questa negatività in cui siamo immersi da mattina a sera, tramite TV e quant'altro, che ci sembra quella l'unica realtà e maniera di viverla, che, ogni modo diverso ed esterno a questa realtà quasi lo scansiamo, o se non facciamo così, ci rimane estraneo, esterno, distante.
E dopo. Rimane poco, se non quasi nulla.
E questo addolora, se vogliamo vederlo, se vogliamo ascoltarci dentro.
Oppure lo liquidiamo con una alzata di spalle, per reimmergerci nel nostro vortice di sicurezza, dove sappiamo di stare normalmente e crediamo di stare bene.
Per morire giorno dopo giorno, ignari volutamente, ciechi per scelta, come le scimmiette che non vedono né sentono.....
...eppure contenti di questo lento morire, di questo diventare polvere nella polvere.

E forse questo è il senso del mio avvertire un miglior stato d'animo quando rientro a contatto con la Natura, con la Vita, che a questo punto avverto come “vera” anche se non me ne viene alcuna parola formale di consolazione o sostegno, ma da cui mi viene la spinta a cercare dentro me stesso quel dio o quella entità sovrannaturale che da molti sento cercare e che non vedo nella vita di quasi nessuno.