domenica 25 maggio 2008

Un uomo

Alle volte ci raccontiamo, nei sentimenti e nelle pulsioni, ma spesso ci nascondiamo, ci vergogniamo anche con noi stessi, e fingiamo, mentiamo, ed è difficile invertire questo modo di fare.

Difficile certe volte ammettere a se stessi certe cose, ammettere certi fascini che sentiamo dentro, che ci abbracciano e che ci tentano; è difficile per cultura, per formazione, perché crediamo che il nostro essere maschi, o uomini, dipenda da ciò che facciamo, da ciò che mostriamo, da ciò che appariamo agli altri come forma, come apparenza esteriore.

L’essere maschio non so bene cosa sia, non ci ho mai pensato, non mi importa.

L’essere uomo è ben altro, ed è ben più difficile che mostrare tendenze sessuali o gusti fisici.
L’essere uomo avviene quando la vita ti si presenta e tu.. in qualche modo riesci ad affrontarla, senza la pacca sulla spalla, senza quello sguardo da duro che soffre, ma che dentro se la fa sotto dalla paura.
Essere uomo significa affrontare, non fingere, non mentire anche e soprattutto a se stessi e poi alle donne.. essere uomini è non farsela addosso ed inventare scuse, impossibili, inverosimili, per sfuggire appuntamenti, impegni o per non adempiere promesse fatte.

Essere uomo è molto difficile perché non ce lo insegnano, non si impara a scuola: da chi lo impareremmo, da uno che sa farsi forte di un voto e di un titolo?
Non ce lo insegnano al lavoro: di chi dovremmo temere, di un capo che è tale perché la struttura gerarchica gli permette cose che nella vita nemmeno sognerebbe?…

Se siamo fortunati lo “vediamo” da un papà, da un qualcuno che ci appare come modello anche se non sappiamo che è tale.

Ma se non siamo fortunati, lo impariamo sul campo, a forza di schiaffoni, di figuracce, a forza di cadute e rialzate.

Le donne ci ridono dietro, ci deridono, anche se fanno finta di avere paura. Le donne non sono superiori, siamo noi che le rendiamo tali.
Siamo noi che, alle volte, ci rendiamo ridicoli, specie quando vogliamo apparire maschi.

Noi alziamo la voce per avere ragione, anche quando abbiamo torto, e con la violenza, verbale o fisica o di altro genere, prevaliamo, sul momento, e loro.. ce lo fanno credere, ma ridono, ci snobbano, ci disistimano, capiscono che siamo solo machi, ma non uomini.

Se abbiamo umiltà, se abbiamo la fortuna di avvertire gli schiaffoni, quelli della vita, se abbiamo la disonibilità ad ammettere i fallimenti, la miserevolezza di certei modi di apparire e recitare, allora pian piano si inizia a scalare, a salire, verso dove non so, ma si sale, e, passo dopo passo, ci si avvede di quanto poco avevamo capito, ed alle volte di quanto ridicoli si sia stati.

Se si è fortunati da trovare qualcuno o, meglio, qualcuna che ci faccia luce e pietosamente ci spieghi cose banali che non vogliamo nemmen vedere, beh.. allora facciamo due passi in una volta.

Essere uomo è molto di più del semplice dire “sono un uomo”…




Un rosa


Una rosa ti ho donato,

l’ho posta sul tuo grembo,

l’ho accarezzata prima di donarla,

lo annusata, gustando il suo profumo.


Una rosa rossa,

rossa d’amore, di passione,

rossa del colore del mio cuore.

Rossa del sangue che scorre in me,

rossa del sentimento che è custodito nel mio profondo.


La rosa l'ho posata,

delicata e leggera,

ti ho sorriso ed hai capito,

hai alzato le mani ai seni, l’hai presa.


Le dita si son ferite,

del sangue è sgorgato,

ma non hai avuto dolore, sorridevi,

mi sorridevi piena d’amore,

hai passato le dita sulle spine,

hai scorso le dita in cerca dei petali,

sorridevi, continuavi a sorridere d’amore.


Hai affondato le dita nelle spine,

hai cercato il dolore, ed hai fatto affondare le spine,

ma sorridevi, cercavi quel dolore,

forse cercavi me.


Poi hai portato la rosa alla bocca,

i petali sulle labbra,

rosso su rosso,

l’hai baciata, l’hai annusata,

hai continuato a sorridere,

d’amore per me.


In silenzio mi sono alzato, gli occhi miei nei tuoi,

in silenzio, fissandoti, ti ho sorriso,

l’amore era tanto,

il silenzio pesante,

mi sono allontanato,

sorridendo ti ho parlato: - Ti amo! –


Il sussurro si è perso nella sera,

la strada ed i suoi rumori mi hanno abbracciato,

della rosa rimane il ricordo.

Sorridendo mi hai lasciato,

l’amore rimane,

il sorriso non scompare,

del tuo sorriso l’immagine,

del tuo amore il calore,

della Vita attimi.




M. Pagano


Percorrevo quel tratto di sentiero rallentato dalla fatica, ma gustando anche dei passi, uno dietro l’altro, lenti e regolari, ma densi di qualcosa che non sapevo ben dire.

Ho sempre “avvertito” sensazioni diverse dal normale quando ero nei posti ove giovani di vent’anni hanno trascorso alcuni anni della loro adolescenza con il fucile in mano e la morte dietro l’angolo, invece di divertirsi come fanno oggi i nostri figli.


Ma stavolta è qualcosa di diverso ancora.


Difficile spigare i pensieri, non siamo allenati ad osservarli, li subiamo, li riceviamo come fosse pubblicità nella casella postale, ma mai li gustiamo, li assaporiamo come faremmo con del buon vino.


I miei ora vagano fantasticando: Salve signor colonnello!” odo nelle orecchie, mentre passo in rassegna quei ragazzi che stanno là a marcire sotto l’acqua di questo novembre freddo e maledetto. Il tenentino si affanna dietro a me, lui che dovrebbe essere giovane e scattante, pieno di fiato e voglia di gloria.. invece sento il fiatone. Non sa ancora dosare le forse, è arrivato da qualche mese ma ha fatto poche marce, è ancora cittadino nelle gambe.

Il sergente sorride, ci conosciamo da mesi, dall’inizio, quando eravamo sotto le bombe del Falzarego, sulla strada di Cortina, e siamo stati fianco a fianco nel fango, condividendo pane duro e paura, freddo e sentore di morte. Gli faccio un cenno, continuo a salire verso la cima, attento ai sassi, attento a improvvisi scoppi che vengano dal lontano fronte.

La nuvola avvolge la cima ed ammanta di nulla figure sfumate come fantasmi. Entra nelle ossa quel’umidità, entra nel cuore quell’aria densa di tristezza. Casa è lontana, il suo caldo, i suoi profumi di cibo e di camino, i suoi rumori a cui ci si addormenta stanchi e tranquilli, dopo le ore passate nei campi. Ora siamo qui, nella dannata terra fredda del ghiaccio di San Martino, ad arrancare per portare a casa questa pelle insecchita nell’intimo, da quel che vediamo ogni giorno.

Ci hanno detto che difendiamo la Patria, sappiamo bene che ci hanno raggirato. Raggirano sempre quando ti mandano a morire, ti devo inventare una nobile causa, una degna maniera di mettertela là.. e farti morire fiero della tua stupidità. Tu muori, loro.. stanno al sicuro. Tu soffri e stringi denti e culo, loro decidono del tuo culo e delle tasche di altri oltre che delle loro.

Ma il soldato ha questo destino, il soldato è per definizione, stupido nella sua aria di eroe, ma chi gliel’ha disegnata quell’aria..?

Hanno inventato musiche e arie che sentiamo la sera prima di provare a chiudere gli occhi, nell’attesa del fischio assassino. E noi quelle arie le fischiettiamo anche al cesso. Siamo proprio stupidi, noi che facciamo la guerra. La chiamano già guerra di Indipendenza.. ma da chi indipendenti?

Dalla morte siamo tutti terrorizzati, tutti insieme, siamo dipendenti..

Arrivo alla cima e sento il vento che mi ferisce la barba, il ghiaccio che si incrosta ed il fiato del tenentino che arranca. Mi infilo nella baracca e scattano sull’attenti, ma quando vedono che sono io, si rilassano, sanno che devono morire senza eroismo con me, che sono anche io stupido con loro.

Siamo un tutt’uno con queste bestie che fanno parte del mio reggimento, siamo cresciuti come bestie di un unico branco, ma questo ci fa stare bene insieme, ci si fida, senza guardare ai galloni ed alle mostrine, siamo fratelli veri.

Il fuoco arde stanco e lento. Il freddo entra dalle fessure ed il vento non si ferma affatto, ma ricopre la vita dentro quel buco di morte. I visi mi scrutano interrogandole mie rughe e i miei occhi, sanno che forse porto qualcosa, ma non sanno cosa. Potremmo spostarci in prima linea, potremmo avere una pausa per rifiatare prima di altra morte, aspettano quegli uomini, in silenzio, fissando questo comandante stanco, e vecchio che li abbraccia con il cuore.

Sono ufficiali, gente di montagna, graduati, ma soprattutto uomini, gente abituata a soffrire sui monti, con animali, con inverni freddi, con climi inospitali, da una vita. Sono gente dura, cresciuta fra monti e sofferenza, per questo alpini dell’VIII Reggimento. Osservano ma accetteranno tutto quel che porto loro. In una serata come questa non aspettano gioia, ma nemmeno temono il destino.

Apro la tasca della giacca, ne traggo una busta di tabacco, la pipa l’avevo in bocca da prima. Accendo, lentamente, li passo con lo sguardo, tutti, sorrido, gli voglio bene, sono i miei uomini. Le mie parole escono senza che io capisca da dove, senza che mi renda conto di cosa stia dicendo, vado in automatico, come fossi un magnetofono: “Stanotte l’Austria firma. Abbiamo vinto! Si torna a casa!”






venerdì 23 maggio 2008

Luna piena


Osservo la luna stasera, è tonda, è rosa, è bella!

La osservo e dietro, sullo sfondo, vedo tante piccole lucine.

Luci che significano esseri umani, case, focolari, famiglie, calore, amore…

La luna è bassa e illumina l’orizzonte, dietro vedo le antenne, i tetti di Roma, vedo comignoli, vedo case e intuisco vita.

E’ silenzio nell’aria, sento qualche voce di TV in lontananza, sento cani abbaiare, sento gatti chiamare l’amore, e vedo te, nella luna, il tuo pensiero che vola verso me e lo sento, lo avverto come fosse qui accanto al mio cuore.

Annuso l’aria odori di gelsomino, primavera fatta ed estate che tarda, annuso e sento profumi di fiori notturni, avverto qualcosa di bello nell’aria, avverto il mio cuore, lo sento, palpitare, lo sento vivere, e darmi emozioni.

Stasera è una sera strana, non è calda, non è fredda. Ha piovuto fino a qualche ora fa, ma ora il cielo si sta pulendo e le nuvole stanno svanendo lente.

E’ bello uscire sul terrazzo e scoprire queste cose, è bello scoprire vita negli angoli banali della città.

Sogno montagna, sogno boschi, sogno notti fredde e secche con cieli blu delle Alpi, ma ora vivo qui, nella metropoli e comunque trovo angoli di sogno in me stesso.

La Vita bisogna prenderla come ci viene e saperne afferrare brandelli e mangiarli a piena bocca.. il sapore è piacevole, purché sappia masticare bene senza guardarne l’aspetto.. purché sappia annusarne l’aroma ..




giovedì 22 maggio 2008

Pensiero d'Amore



Scrive Shakespeare:


… e ora bramo di starti unico accanto ora che il mondo ammiri il mio piacere, sazio talor soltanto del vederti, poi subito affamato di uno sguardo…


A Te che mi ispiri questi gesti e questa ricerca, a Te che mi dai gioia e felicità, a Te.. questo momento di pace e di amore intenso ed intimo..

Non ho le parole del Poeta, ma ho il mio Cuore da offrirTi.





mercoledì 21 maggio 2008

Pioggia



Mi piace la pioggia, mi piace quando è inverno perché mi piace il caldo della casa asciutta e l’acqua di fuori, mi ispira casa, mi ispira calore.

Mi piace in mezza stagione, autunno o primavera che sia, perché mi fa stare in casa, mi fa stare all’asciutto e mi porta odori nuovi, di erba bagnata, di acqua, di nuvole basse, di sensazioni intime e vere.

Mi piace in estate, perché mi ricorda l’autunno, mi ricorda quanto è bello essere asciutti e caldi, ma anche quanto è bello uscire dopo il temporale a godere dell’aria e del sole.

La pioggia mi rende allegro nella mia malinconia, mi rende vero e vivo. Quando leggo delle tristezza io rido, perché a me l’acqua rende euforico, rende felice della mia casa, o del camper o della tenda, ma rende felice del mio “guscio”, come una lumaca che gode nel rintanarsi nel suo.

Ricordo quando ero piccolo, no forse quando era piccola la mia bambina, ricordo una storia di gnomi e folletti. Uno gnomo che costruiva una casa in un guscio di noce ed io ero contento di leggere e rileggere quella storia. Mi piaceva l’idea di rendere accogliente quel piccolo angolo di mondo, quel posto piccolo e minuto, ma così ricco di intimità e di vera vita.

Ricordo la storia che poi parlava di pioggia, dello gnomo al sicuro anche con tanta acqua, perché il guscio galleggiava nell’acqua, ed io mi sentivo allegro a quella storia.

Mi ha sempre fatto piacere la pioggia, mi ha sempre emozionato e dato sensazioni forti nel mio animo, Non sensazioni come un film giallo o come il sesso; sensazioni vive, vere, molto sentite nel mio animo, e se le sento, le vivo, le metto nell’angolo più riparato di me stesso e me le godo, le tiro fuori quando voglio emozione, quando voglio sentire qualcosa di mio.

Ora piove, ho la finestra aperta in parte, piove forte e verticale non rischio che entri in casa. Fa fresco, per essere quasi fine maggio fa fresco e l’estate tarda.. ma io ne sono contento, anche se intorno a me, tutti, nel coro, piangono il caldo che non c’è. Poi piangeranno il sudore e l’afa, la massa fa sempre questo, si lamenta! Io sono la massa, ma sono fortunato, me ne rendo conto e cerco di evitare certe cose che facciamo tutti, e alle volte ci riesco, non sempre…

Il cane osserva l’acqua da dentro casa, osserva malinconico, o almeno a me pare,. Vorrebbe rotolarsi nell’acqua del terrazzino, vorrebbe correre e bagnarsi, ma non posso, la casa poi si ridurrebbe ad un disastro e io verrei cacciato dalla donna che vive con me.

Mi piace osservare quell’animale, come lui vede fuori, come lui osserva, come annusa l’aria, lui lo fa d’istinto, io forse troppo con la mente. Io imparo da lui, dall’animale che ive con il cuore, con l’istinto, io come uomo vivo con la testa, troppa testa.

L’acqua mi ricorda un torrente lungo cui ho vissuto per 20 giorni, mettendo una tenda e standoci giorno e note. Sentivo lo scorrere della schiuma, l’acqua che veniva dal ghiacciaio, giorno e note, senza un momento di pausa, senza un attimo di riposo.. scorreva, sempre! Scorre anche ora che scrivo.

L’acqua era verde alle volte, quando il sole la scaldava e donne ed uomini del Nord si arrostivano al sole, mentre io passavo con lo zaino pesante in cerca di fatica inutile sulle montagne.

Si colorava di grigio e marrone quella stessa acqua, dopo la pioggia, quando dal ghiacciaio viene giù di tutto ed è bello osservare come cambia colore e porta legna e terra, quella stessa acqua vicino a cui bambini giocavano solo ieri, felici e tranquilli. Quell’acqua potrebbe travolgere villaggi e paesi, ma non lo fa, quell’acqua è buona.

Odora l’acqua, come odora la pioggia ed io amo quell’odore e quei sentimenti che l’odore provoca nel mio animo.

Ho fantasticato nel camper quel giorno di agosto, era il 15, quando per 24 ore ha piovuto. Fantasticato imprecato dalla noia, e goduto del caldo e dell’asciutto, e quando tutto è finito, sono uscito ed ho vagato fra le pozzanghere, come ora vorrebbe fare il mio cane.

La pioggia continua cadere lenta, senza tanto clamore ed io la ascolto e sogno e mi incanto nel mio sogno.

Vedo vetri rigati da gocce che colano, vedo fumi di vapore che si alzano dall’erba dei prati intrisi. Vedo le nuvole basse che ammantano la montagna e sfiorano la unta degli abeti, vedo i fumi dalle case che si mischiano al vapore che emana dalla terra.

Odo uccelli cantare fra gli alberi bagnati e richiamarsi forse chiedendosi se è finita. Non conosco la lingua degli uccelli, ma mi pace ascoltarli.

Penso ai soldati della “Grande Guerra” nelle trincee di fango e con i feltri intrisi di quella tessa acqua, bestemmiare e tremare di freddo e di malattia. Loro non la vedevano la mia acqua romantica, la mia pioggia malinconica e foriera di sentimenti, loro vedevano la morte.

Eppure non posso essere triste per questo, nessuno può stare a rattristarsi perché qualcun altro non gode di ciò che a lui suscita emozione…

Per cui rivolgo ancora lo sguardo fuori, aspiro l’aria, accendo la pipa, mi piace l’idea, e lascio andare la mente e sogno.. sereno e grato.



A quelle Donne
















Che hanno lasciato una forma nella mia esistenza

Che hanno dato un senso a momenti ed a secoli di vita

Che hanno dato contorno a certi sentimenti


Donne che sanno vedere in me cose che non avverto nemmeno,

che sanno ascoltare parole che non dico

che sanno anche frustare dove serve e quando è il momento


Donne romantiche, donne bellissime, donne sensuali, donne banali,

donne intense come tratti di pennarello su fogli bianchi di vita,

donne che passano e lasciano solo un tratto lieve nel mio animo


Alcune passano, altre tornano, altre fuggono, altre ancora pensano e poi… parlano

Ci si scontra, ci si incontra, ci si vede, si prova a capire, si tenta di sentire,

non sempre riesce, non molto spesso, a me, riesce..


Tutte hanno in comune l’essere Donna,

l’essere Unica.

Perché una Donna è solo Donna,

ed io sono fortunato perché l'ho incontrata

e qualcosa ho avvertito

dentro il mio cuore!




Sensazioni


Percorro quella strada la mattina presto, ed ultimamente le mattinate sono dense di acqua nell’aria… la pioggia della notte lascia fumi bianchi di vapore che aleggiano bassi sul verde, l’aria è satura di umido, e di vapore, ma sa di un umido bello, di un umido da fate e folletti.

Quell’umido l’ho visto fra le mie montagne, quando cammino e sento l’odore dell’acqua della notte, quando le gambe si bagnano fra l’erba ancora satura e grondante, quando i sensi avvertono un’atmosfera intensamente diversa da quella estiva, un’atmosfera che riporta la mente a secoli passati.

Vado per i boschi e fra i prati alla ricerca di qualcosa che è solo la mia anima, il mio spirito, forse la mia essenza vera: mi piace odorare, annusare, ascoltare gli odori e metterli a mente.

Ora quando percorro quella strada, quegli odori li rivedo, anche se non li sento, ma è come stare là, nel tempo passato, nelle brume del mattino, con la mente aperta e disposta ad ascoltare me stesso.

Mi mette paura alle volte, la montagna nera che gronda acqua, quando so che la devo scalare e che l’acqua la rende scivolosa, quando vedo le striature nere sulle rocce e quelle striature significano pericolo, ombre tetre, ricordi di archetipi del mio essere uomo.

Ma mi mette anche sensazioni strane in corpo. Mi fa bere idee miste di magia e di storie di leggenda, mi riempie l’animo di bellezza e meraviglia.

Ora quella sensazione è legata ad un pezzo di strada che percorro queste mattine, che assaporo mentre la vedo, dall’alto del "raccordo" che circonda Roma con una stricia grigia di asfalto, mentre mi dimentico delle auto che mi circondano e che mi inquinano l’aria e la vita.

E’ bello lasciare andare l’animo a queste sensazioni, è bello lasciare andare l’animo a se stesso, al bello, al bello legato a cose semplici, banali, sconosciute a tutti, ma non al mio cuore…



domenica 18 maggio 2008

Podestagno


C’è un luogo magico, per me.. si chiama Podestagno, vicino Cortina d’Ampezzo ed ai tempi andati (ma molto andati!) vi sorgeva un castello..

Non mi importa la storia, ma l’atmosfera o forse anche, quel che il luogo mi provoca dentro…

Anche ora scrivendone sento qualcosa di diverso e magico.. un luogo come strano, diverso, che definire “magico” è banale e semplicistico…

Ne ho parlato con varie persone, sempre nella speranza (inconscia) di trovare qualcuna che reagisse e si entusiasmasse. Ma come si fa ad entusiasmarsi per un luogo che non si conosce..? Io non lo farei.. eppure ho provato.

Un prato, una radura improvvisa nel bosco, dopo pochi minuti dalla strada di Alemagna. Una casetta in legno, tipica dei luoghi, un prato rasato dove ti rotoli in terra felice.. una fontana che butta acqua fredda come il ghiaccio e limpida come cristallo…

Appare improvviso questo posto, ti ci trovi proiettato come d’incanto e come d’incanto dimentichi che sei a forse 4-6 km da folla, bancomat, internet, pub cortinesi e.. caos… e ritorni al passato, una strana “macchina del tempo” che ti fa fare una proiezione indietro di 500 anni.. ed immagini di udire improvviso il galoppo di un gruppo di cavalieri, o l’ascia dei taglialegna che abbattono abeti per la comunità..

Ho sognato di portarci la mia Regina, che non so chi sia… una Regina.. perché questo posto mi ispira questo… questo posto mi suscita sensazioni strane… non sono sensitivo, né mi reputo strano… ma quando ne scrivo, quando ci ripenso, anche ora… ho come la pelle d’oca…

Sarà un rivivere vite passate.. sarà dejavu, non lo so proprio, ma questo luogo ha per me uno strano potere, una strana “forza”… e mi piace che sia così… lo assaporo e lo gusto così… forse un giorno ci porterò la mia Regina, forse no… ma Podestagno è nel mio cuore..per qualche ignoto motivo.. ma lì è ben protetto…




sabato 3 maggio 2008

Il mio sole.. lo aspetto....


Oggi sono andato avanti non un passo, bensì un miglio!

Oggi la vita, per mano di una persona, mi ha dato una mano a crescere.. ma esige un prezzo, come sempre.. come normale…

Parole, molte, sentite, sussurrate, ascoltate e qualche parola detta, ma molte ascoltate, con piena disponibilità d’animo.

Si è alzato un sipario su qualcosa che nasce forse oltre 20 anni fa.. forse anche 30… e dietro c’era una scena dell’orrore! Ho scoperto, o meglio, ho visto finalmente il male che senza accorgermene, o forse meglio, senza VOLERMENE accorgere, ho fatto ad una persona.

Ho lentamente stritolato e maciullato una donna, negandole l’attenzione che meritava e che attendeva. Lei in silenzio si è dedicata. L’ho circuita con la correttezza, con un’inattaccabile correttezza, indiscutibile formale presenza, ma senza darle amore, quello vero!

Lei si è fatta circuire, ammaliare, perché non è stata capace di reagire. Ha provato a farlo presente, ma io pieno di me, orgoglioso del mio essere maschio, non l’ho ascoltata, e l’ho stritolata..”dentro”!

Nel tempo questo è stato come negare l’acqua ad una pianta, ma non da un giorno all’altro, lentamente. Un avvelenare questa pianta, farla seccare.

Ed oggi ne ho avuta sia la conferma, sia la consapevolezza piena, di quanto dolore le ho dato.

Sì uno schiaccia chi si fa schiacciare, è vero, Stritola se dall’altra parte c’è chi si fa stritolare.

Ma rimane un avvilimento, un senso di colpa, sì, vero senso di colpa, perché ci si volge indietro e si vede un cadavere schiacciato nel nostro percorso. Ci si rende conto che non abbiamo nemmeno avvertito l’urto. Eppure il cadavere c’è. Ormai il sangue è secco, nero, non goccia più.. c’è solo la pianta secca.. nemmeno il risentimento..

La vita è fatta anche di questo, anzi forse è più questo che ci fa crescere.

Non è masochismo, è vita vissuta. Si impara proprio da queste esperienze. Si cresce proprio in questi momenti, ma ce se ne rende conto dopo: sul momento si paga, si soffre.. si piange…

Un grande maestro dice che l’aquilone vola proprio se c’è vento contrario.. è vero… ma il vento fa anche lacrimare gli occhi, ed oggi piango lacrime calde, amare, sentite e sincere, per un sentimento che non c’è più.. per una persona persa per sempre… per un orgoglio ferito…

Ma gioisco per un uomo che impara dalla sua vita.. perché so che domani ci sarà il sole…


... lo attendo con ansia....



Il Gohonzon


Toda era solito dire: «Non siate impazienti.
Dal momento che avete abbracciato il Gohonzon la vostra situazione non potrà che migliorare.
Non c’è motivo di preoccuparsi.
Certo, ci saranno momenti difficili, momenti in cui avrete voglia di piangere. Ma fino a quando avete il Gohonzon, la vostra vita sarà piena di gioia».
Perseverando nella fede, diventeremo felici.
Non dobbiamo mai nutrire dubbi a questo riguardo, qualsiasi cosa accada; avanziamo e affrontiamo tutte le difficoltà e gli ostacoli lungo il cammino.

Questa è vera fede.



Daisaku Ikeda