martedì 17 giugno 2008


Sono andato al mare stamattina presto. Lara ha iniziato dalle 5 a leccarmi la mano, come a dire :”Alzati, dai, vedi che è giorno!” ed io l’ho scacciata prima, scontroso ed assonnato, poi ancora intorpidito nel corpo e nella mente, ma felice di vedere la luce ancora una volta.


Il rumore della risacca è forte qui, la casa dista forse 500 m e dalla finestra aperta il rumore giunge vivo e vero nella mia vita. La notte al buio, come al sole del mattino. Un rumore costante, intervallato da qualche gabbiano, qualche treno che scorre sulle rotaie dietro me, intervallato da qualche disturbo di umano, ma il mare giunge sempre, una presenza costante.

Ieri sera la luna, era piena, illuminava la sua strada verso me, un cammino di luce, un viale d’argento, che passando tra due palme, arrivava giusto sul mio terrazzo. Mi sono fermato ad ascoltarne il sussurro. Il rumore della schiuma sui frangiflutti, e dietro il sussurro della luna.

Ora, al mattino, il sussurro non c’è più: un’ombra ancora mi mostra dov’era lei, la luna. Ma lei, è sparita, persa in altri lidi lontani, a far fantasticare altri animi, a dare serenità ad altri umani ed animali. Al suo posto i raggi del sole. Fendono l’aria caldi già ora, già nelle fresche ore del giorno che arriva. Ed allora prendo Lara, sorridendo andiamo verso la vita, verso la natura, verso la nostra libertà.

Sono sceso al porto, era silenzio, poche persone al bar, pochi caffè per svegliarsi ed iniziare a vedere lucido nella vita. Pochi uomini soli, stanchi di una notte forse di gloria, forse stanchi di lavoro, poche voci, parole senza grandi significati, ma umanità vera, sincera. I, caffè a quell’ora ed in quei posti è come fosse migliore, come fosse tostato diversamente e lo assaporo, lo gusto sorso a sorso, ringrazio dal cuore: “Era buono!”.

Quante volte l’avventore se lo sentirà dire, quanto crederà a quelle semplici parole, ma io gliele dico dal cuore, le mie parole vengono dal profondo e sono vere, sinceramente vere! Ma vaglielo a dire a lui!

Esco sul piazzale, le barche ondeggiano ancora addormentate. Il porto è bello, piccolo, intimo, lo tocchi con un braccio, e fuor, oltre il molo frangiflutti, vedi la schiuma, vedi le onde che esplodono di bianco, vedi la vita sempre attiva, del mare, che non dome mai. Qui Sembra un altro mondo. Un uomo scende dalla sua barca a vela, ha le membra stanche, ma il viso fiero, la pelle ambrata, il maglione di chi non bada alla moda, ma al corpo suo. Scende lento dalla passerella, è sicuro nel suo passo. Lo osservo, Lara è intenta a cercare per terra i suoi tesori e le sue scoperte. A lei non importano le meraviglie del suo padrone, a lei conta solo quel che serve per vivere. Non è una poverina, lei, un animale, lei gode del semplice, sono io che sono complicato e cerco le architetture della vita, non mi basta vivere, non ascoltare le cose vive. A me serve la complicazione, per convincermi che sono un uomo, che ho qualcosa… lei vede un mosca e l’insegue, una foglie ed è sua compagna di giochi, odora dove altri ha depositato il suo, e per lei quell’odore è un intimo saper di casa, come per me quello di legna di camino. Solo che lei quell’intimo lo trova per strada anche sull’asfalto, io lo devo andare a cercare chi sa dove!

Per un istante invidio il cane: “beati i semplici di spirito!

Passeggio e mi siedo su una panchina. Guarda verso il molto, e le barche che non sanno nemmeno della mia esistenza. Passerò e dopo, saranno felici come prima, cullandosi nel mare verde, come se io non fossi mai esistito. Mi siedo e mi lascio avvolgere dal sole, dal suo crescere con il giorno, dal suo ridere di calore, e lascio che mi avvolga, benigno e sincero.

Un signore, avrà 70 anni forse, passa, ci siamo incrociati prima, senza uno sguardo, senza un gesto, eppure mi è simpatico, forse perché è silenzioso, come me. Non ha un cane, ha un sacco, ha un ricordo sul viso. Il signore passa, va a sedersi all’altra panchina. Non ci incrociamo neppure ora, ora anzi lui neppure guarda Lara che gioca a terra con il suo guinzaglio. In genere la gente si perde dietro un cucciolo, dietro all’ingenuo giocare con ogni cosa che ha un cucciolo. Questo qui non degna di attenzione il mio cane. Ma non mi offende, so che lui ha altro nell’animo, lo sento, lo vedo e lo rispetto.

Si va a sedere ed osserva, dove osservo io, ma lui cerca altro. Non saprò mai cosa, non ci vedremo mai più, credo!

Continuo il giro, mi alzo, ho ansia di vedere, di conoscere il posto nuovo, son qui da ieri e non lo conosco, quando arrivo devo conoscere, devo prendere coscienza, devo “prendere possesso”, come un cane umano, del territorio. Allora vado verso il molo esterno. Vedo la schiuma che esplode dietro, vedo schizzi che saltano il cemento e voglio andare a sentirli, a sentire ,l’odore del mare.

Mi trascino Lara a cui non frega nulla delle mie fantasie e che lascia odori e curiosità alla panchina.

Mi dirigo al molto esterno ed ascolto il mare, quello vero, che romba, da ieri, da sempre, senza stancarsi mai.

Non è vero che il mare non si stanca: alle volte si addormenta e se ne sta tranquillo, anche se tu gli rompi di tutto. Alle volte non ti vede neppure e si raccoglie nel suo seno, senza nemmeno darti l’idea di essere lui, il Mare! Ma oggi è vivo, sta correndo, sta giocando, ora sta gridando la sua vita a noi, umani che non ce ne accorgiamo. Ed io vado ad ascoltarlo.

I massi di granito rosa sono fradici e la schiuma si intrufola fra loro, lavandoli e sciacquando ogni volta come fa da anni. Un gabbiano indugia dondolandosi nell’aria, e precipitando fin verso l’acqua, ma poi risollevandosi magicamente. Come farà non so! Una barca è ancorata fuori, chi sa, forse non ha trovato posto in rada, e i suoi padroni dentro, ballano un bel po’, ma li invidio, loro hanno quella libertà: di decidere dove dormire e quando farlo, io devo rintanarmi nel cemento, tutte le sere.. se no starei solo sotto le stelle e non so farlo!

Vedo un posto che devo esplorare, una terrazza, uno slargo. Ci corro con Lara, ci vedo una signora, sola, che ascolta, che sta là a fare non so cosa. E’ uno spiazzo, enorme, c’è una cornice di legno che evita agli imbecilli di andare ad ammazzarsi sugli scogli, e permette a chi ha voglia di appoggiarsi ed osservare ed ascoltare.

Saranno oltre cento metri, Lara corre, gioca, non dà fastidio né a me né alla signora. Siamo lontani, lei non si avvede di noi. Io mi chiedo cosa stia pensando. E’ anziana, forse pensa al suicidio, forse qui veniva con il suo amore che ora non c’è.. forse solo ascolta il mare, il suo urlare, non so e non lo voglio sapere.

Mi appoggio alla cornice di legno, mi appoggio ed osservo la schiuma. Continua con incessante foga e pervicacia a fare sempre quel ballo e non trova mai stanchezza. Io avrei lasciato da tempo, ma io non sono il Mare.

Mi appoggio ed ascolto, cerco di entrare nell’animo di Lui, del Mare. Chiudo gli occhi e mi abbandono. La mente va, non ricordo nemmeno dove, ma si fa cullare dal vento e dalla schiuma. La mente va, libera. Mi sento come Jonathan e volo libero nel mio cielo blu. Schizzi di sale mi arrivano ogni tanto e li assaporo sulla lingua grato a questa natura che mi fa assaggiare sprazzi di sé e mi consente di avere il tempo di gustarne. Ringrazio, dentro me, fuori di me, ringrazio perché mi sento fortunato. Molti ora stanno lottando per sopravvivere o contro un male che li attanaglia. Anche io ho il mio male oscuro, ma posso ascoltare questo posto, io ora sono qui, nel Mare, nel suo animo, o Lui è in me. Dico “Grazie!” e sorrido dentro me.

Riapro gli occhi. Lara si è seduta, gioca con un sasso, le basta nulla per la sua felicità. La signora non si è mossa, ma, sente il mio sguardo, si volta. Ci guardiamo senza vederci, poi lei torna a se stessa ed io senza darle fastidio mi dedico ad altro, a cercare posti dove volgere me stesso.

Uno strattone al guinzaglio e Lara si desta dal suo nirvana. Mi guarda, emana amore, emana fede, in me.. quella fede che io cerco intorno a me. Lei l’ha trovata dentro quest’uomo inquieto. Ci guardiamo, le sorrido, le sussurro una parole dolce, quel che il cuore ora mi suggerisce ed una carezza le cade sul muso semplice e sincero.

“Andiamo!” una parola e di nuovo siamo noi due, nel sole, ci allontaniamo e torniamo al cemento della nostra esistenza, con la memoria piena di novità da raccontare a chi.. non so.




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