lunedì 10 dicembre 2012




Sto davanti a queste strane dune, di un a colore che è strano anch'esso: non è il giallo scuro della sabbia, non è marrone, ma un colore che non riesco a descrivere e che tuttavia è ben presente nella mia memoria ora che scrivo. Osservo queste dune spostarsi, spinte dal vento, modificate, modellate, fatte scivolare le une sulle altre, alcune dentro altre, altre sopra le prime, in un continuo divenire che si modifica con continuità eppure senza alcuna violenza, solo senza fine.
Arrivo dall'alto a vedere questo panorama immenso e nuovo per me. Arrivo all'improvviso sbucando dal vento, dopo oltre un ora che mi ha tolto finanche il respiro. E' forse tramontana, non so e non conta, ma so quanto è stato freddo e intenso, da portarmi con la mente a ricordi antichi, quelli in cui piccolo uomo ero inorridito dal mancare il respiro per il vento che mi riempiva i polmoni.
Ora sbuco da questa altura ed ho questo mare davanti, senza fine, senza orizzonte, solo con le dune che si spostano, giocano quasi, scorrono in un continuo modificarsi di ciò che vedo. Mi impressiona vedere tutto questo, mi impressiona perché nuovo eppure strano, mi colpisce perché mi dà la dimensione dell'immenso e della mia contemporanea piccolezza.
Il colore si modifica anch'esso, qualche raggio di sole, appena accennato, filtra tra le nuvole marroni o grigie anch'esse e riflette sulla superficie. Il vento non cessa. Il vento scorre e soffia, spinge e spazza, il vento è continuo ormai da due giorni, il freddo scende nelle ossa, eppure sento qualcosa di eternamente bello e sacro che mi viene consentito di ammirare.
Sono al faro, questa torre bianca da cui forse solo pochi anni fa, qualche uomo, addetto a starci, mirava l'alba come me oggi, oppure il tramonto ed il sole sparire dietro la linea di fondo della scena.
Sulla collina il vento c'è sempre, oggi di più.
Sono arrivato dopo chilometri spesi a correre o camminare non so bene, ma sono sempre belli, è sempre sacro affacciarsi qui da questo posto sulla divinità della Grande Madre, affacciarsi a vedere quanto ci sta da riflettere ed ammirare e godere, senza voler dominare.
MI fermo intontito dal freddo eppure affascinato, mi fermo a guardare e a bere la scena come fosse cibo, forse per l'animo, come fosse di che nutrire me stesso, immerso in ben altro, eppur premiato da questa gemma del mattino.
Guardo a destra, lontano le luci ancora della notte si stanno spegnendo, forse verso l'aeroporto internazionale, o il porto dei ricchi che là sta a mostrarsi, bello e finto. Dall'altro lato i resti di un castello che forse proteggeva un tempo da scorrerie piratesche ed oggi è posto per pescatori solitari. La centrale nucleare anche, da chilometri manda le sue tetre ombre sull'orizzonte e ricorda quel che sappiamo fare, noi piccoli presuntuosi.
Ma davanti a me le dune continuano a scorrere, la sabbia d'acqua si solleva in nuvole appena accennate, vapore di freddo spinto in piccoli vortici e lasciato cadere metro dopo.
Si muove tutto, si sposta, non c'è un millimetro immobile, eppure è tutto di un immensa stabilità e solidità che impressiona la mia piccola mente.

Le parole arrivano ora, ore dopo, nel caldo, davanti a fiamme che scintillano dal legno messo a bruciare, davanti al foglio su cui la penna lascia segni che solo altri come me sanno capire, che Lei, la Grande Madre non cura, di cui non ha bisogno.
Ma il bisogno di raccontare, di rivivere, ricordare e tramandare, è troppo, e noi piccoli umani siamo così, ed io anche, condivido questa nostra condizione.
Ma in quel momento, lo ricordo bene, nessuna parola sarebbe mai potuta uscire, non ce n'era alcuna adatta, eppure il cuore si riempiva di immenso, l'anima era spettatrice di qualcosa di raro.

Ora torna tutto, ora gli occhi tornano là, il cuore rivive e ricorda.
Ora da piccolo umano so e descrivo e dico e analizzo e spacchetto quel qualcosa che Lei mi ha donato.
Ora sono qui a dire.
Eppure so che non basta, mai basterà, mai saranno giuste le mie povere sillabe. Ma devo, non posso non farlo.
Altri verranno, dopo me, altri sono stati prima. Troveremo modi diversi, altri ne sono stati inventai e migliori del mio.
Eppure.
Lei, la Grande Madre, ignara, senza alcun bisogno di ciò, continua da infiniti secoli e milioni di anni, e scorre, tranquilla, senza tutte queste piccole necessità, potente nel Suo essere com'è, immensa del Suo Sé Stessa.

Anche solo avere avuto questo onore, questo privilegio, di poter formulare pensieri di questo, per me è gioia immensa, è onore, è dono per la vita mia.


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