giovedì 12 dicembre 2013

Dopo... il vuoto


Sono tornato nel luogo dove ho trascorso gli ultimi 7 anni, a sud di Roma. 
Una visita non dovuta, bensì voluta: per rivedere amici e persone con cui ho condiviso anni, sofferenze e gioie e lavoro. 
C'è stato lo stare insieme, il parlare, lo scambiarsi qualche idea, e poi una cena, molto informale, anche se in un bel posto.
Ho trascorson pomeriggio ed una sera con persone con cui fino a qualche mese fa ero molto in contatto, quasi quotidiano, con cui si sono condivise cose assai profonde e significative, avventure di vita assai importanti per tutti.

A ne esco con poco o nulla dentro.

E' doloroso doverlo ammettere con me stesso, ma ormai, sono fuori dalle loro vite e quindi in pratica dai problemi e dai discorsi, e quasi forse addirittura scomodo, scomodo nel mio avere scelto una strada diversa, differente dalle loro, pur senza permettermi di giudicare nulla.
Scomodo perché alle volte vedere che certe cose che diciamo di volere, qualcuno poi, pagando e caro, lerealizza, ci mette di frone alle nostre debolezze: parlare... e mai agire.... continuare a raccontarci una storia densa di scuse....
Non so se sia così, ma ne ho avuto un vago sospetto.
 
Sono tornato qui a casa, vicino a Roma, stanotte con un senso di vuoto immane e di sofferenza, per aver constato come nella stragrande maggioranza dei casi, quel rapporto che chiamiamo amicizia, pur se consolidata, appunto da anni e dalla condivisione di molte vicende, quel rapporto si spegne soltanto ad allontanarsi fisicamente, non regge alla distanza, alla non quotidianità.
Ho trovato i miei “amici” immersi ognuno nella loro quotidianità, nel vortice dei pensieri, dei problemi e delle difficoltà delle loro vite, assai poco interessati a come io poi spenda il mio tempo, se non in modo informale, quasi di forma, ma molto poco di sostanza.
Alla fine i discorsi sono girati attorno alle loro quotidianità, la mia o non interessava, o peggio (sospetto),metteva a disagio, forse perché mostrava che si può anche vivere diversamente e sopravvivere...

Purtroppo (o per fortuna, non so...) ho sviluppato nel tempo una sensibilità che mi fa avvertire queste situazioni, mi fa accusare queste vicende, questo “vissuto”. Non che ci ripensi e me ne senta offeso, ma sicuramente sento il sapore che rimane, lo avverto e molto ben chiaro, molto netto.
E sento l'amaro.

Mi chiedo quanto, oggi (ma nei tempi passati sarà stato ancora così o no?), questi rapporti siano appunto profondi, veri, realmente sentiti e non solo vissuti perché ….”fa comodo”... un amico non è un vero amico, ma fa comodo perché non sei solo, nell'andare al cinema, nel trascorrere il tempo in ufficio, o a fare jogging.... ma nella sostanza rimane un estraneo, che quando esce di fatto dalla tua vita per viverne una diversa, magari lontano fisicamente, diventa una parte estranea a tutto di te stesso, di cui non ti importa realmente sapere e conoscere.
Ho sempre considerato una fortuna poter ascoltare la vita di un altro, apprendere come lui vive, cosa prova, cosa fa, e osservare, in silenzio, perché da questo imparo, mi arriva qualcosa, o forse anche nulla, ma pur sempre è qualcosa che arricchisce la mia esistenza.
Ed invece, ieri, ho avuto l'impressione che l'intensità del rapporto passato sia stata solo la motivazione per stare insieme, per scambiarsi segni di “formale” affetto, ma che dentro, nei cuori, ci fosse poco, se non nulla...
Non sappiamo più fermarci, fare sosta nel nostro vortice di problemi quotidiani, della nostra esistenza, per are posto all'ascolto, alla curiosità, all'osservare altro da noi. Per fare silenzio!
Siamo talmente afferrati alla gola da questo soffrire così diffuso, da questa negatività in cui siamo immersi da mattina a sera, tramite TV e quant'altro, che ci sembra quella l'unica realtà e maniera di viverla, che, ogni modo diverso ed esterno a questa realtà quasi lo scansiamo, o se non facciamo così, ci rimane estraneo, esterno, distante.
E dopo. Rimane poco, se non quasi nulla.
E questo addolora, se vogliamo vederlo, se vogliamo ascoltarci dentro.
Oppure lo liquidiamo con una alzata di spalle, per reimmergerci nel nostro vortice di sicurezza, dove sappiamo di stare normalmente e crediamo di stare bene.
Per morire giorno dopo giorno, ignari volutamente, ciechi per scelta, come le scimmiette che non vedono né sentono.....
...eppure contenti di questo lento morire, di questo diventare polvere nella polvere.

E forse questo è il senso del mio avvertire un miglior stato d'animo quando rientro a contatto con la Natura, con la Vita, che a questo punto avverto come “vera” anche se non me ne viene alcuna parola formale di consolazione o sostegno, ma da cui mi viene la spinta a cercare dentro me stesso quel dio o quella entità sovrannaturale che da molti sento cercare e che non vedo nella vita di quasi nessuno.



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