sabato 10 settembre 2011

Colazione e vita.



Vivo in una piccola cittadina del litorale romano, ma questa mattina non sono vicino al mare, bensì fra le colline che circondano una delle città più calde d’Italia, in una casa dove sono ospite.


Sono due giorni che ho iniziato a leggere il libro di Gary Snyder, “La pratica del selvatico”, e sto anche approfondendo alcuni scritti sull’ecologia profonda di Mario Spinetti e sulle modalità di vita di origine “nativa americana”.

Non credo affatto che sia stato un caso, bensì voglio credere una conseguenza di una sorta di ”risveglio” di qualche piccola, iniziale, parte della mia “selvaticità”, forse una conseguenza dell’avere ieri fatto il viaggio in treno cercando di osservare dal finestrino le varie colline o la piana, che via via scorrevano, con spirito diverso, considerandole o cercando di farlo, come se osservassi finalmente, qualcosa di vivente, di realmente vivo, come se avessi davanti allo sguardo non un mondo inanimato, bensì altro, una vita! Addirittura, mentre dietro al vetro del treno scorrevano immagini su immagini, mi accorgo di “stare chiedendo scusa” a Lei, per quelle cose che vi vedevo: strade asfaltate, campi incasellati e costretti tra confini, ferite che la nostra necessità di umana di organizzare la vita a nostra misura, tutto questo l’ho avvertito come qualcosa di cui entro me stesso, mi sono scusato benevolmente, senza sentirmi in colpa, ma pur volendoLe manifestare la mie scuse.

Dopo questo mio venire qui in questa maniera, stamane mi sono ritrovato a fare colazione diversamente dal modo in cui la faccio tutti i giorni, preso, entro me stesso, dalla fretta indotta da dove vivo e da come vivo …

E mi sono scoperto a fare diversamente: pane abbrustolito sul fuoco, marmellata di mirtilli spalmata sopra, e lento assaporare e lento gustare del momento in cui mangiavo, quel vivere il momento, quell’immergersi nell’atto, quel gesto zen che mi ha fatto vivere diversamente un qualcosa che superficialmente è normale: una semplice colazione.

Un attimo, un lampo, una intuizione, questo è vivere, questo è qualcosa che è in collegamento con l’essenza del vivere, con l’esistere.

Un attimo, come il lampeggiare del fulmine, come un battito di ciglia, ma questo è bastato, questo è stato necessario e sufficiente, e questo ho messo nel forziere della mia esistenza.

Alle volte la vita si scopre in modo semplice e lineare, senza le complicazioni che noi mentalmente ci cuciamo, e quando questo accade, intuiamo l’infinità di quello in cui siamo immersi.


‘L’ecosistema locale ci parla, se sai ascoltare, ma devi prima imparare ad ascoltare bene in un posto, poi puoi andare in altri posti e la Terra cointinuerà a parlarti; la Terra non ti parlerà mai veramente se non hai imparato ad ascoltare bene in un posto in particolare’ (Gary Snyder, citato in Earth Festival di Dolores LaChapelle).


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