sabato 4 agosto 2012

Inverni Lontani di M. Rigoni Stern






Quando presi questo libretto, lo acquistai sotto la spinta della fiducia che l'autore aveva conquistato nel mio cuore per altri scritti famosi e non, e che non so spiegare bene.

Non si tratta della bravura come scrittore, che in superficie si potrebbe individuare come responsabile di questo legame particolare con “il sergente Mario”, bensì di qualcosa di altro e che sta nascosto nei recessi della mia anima e che a ben pensarci non ha spiegazione razionale.
Credo sia qualcosa di strano e che mi lega a lui come a mio padre, forse in lui ho rivisto il mio papà, la guerra fatta non da eroe, ma da uomo, che subisce decisioni di cui non sa bene la ragione, ma che assolve ad un dovere, che così gli si è insegnato; la tranquillità dell'uomo dopo, la pacatezza della maturità, non so... oggi anche un legame verso la terra natia e verso le piccole abitudini ed usanze, di cui Rigoni non ha scritto molto, ma che stanno là, ben chiare, nei suoi scritti, specie quelli in cui descrive i luoghi della sua vita.
Quando acquistai questo libretto (così mi sento di poterlo chiamare, visto che sono “solo” 44 pagine), non ho fatto altro che seguire l'istinto, quell'istinto che non mi ha mai tradito, ad oggi, in 56 anni, nel prendere un libro e decidere di farlo oggetto della mia attenzione.
Lo avevo anche già letto, ma allora era stato un po' per incamerarne un ennesimo, da mettere come tacca, nel mio carniere, arrogante uomo che sono!
Quando ieri l'ho preso dallo scaffale, e deciso di tornare a leggere, anche allora, ho seguito il mio istinto, e questo istinto qualcosa mi voleva far avere e notare: forse adesso ho un po' più di maturità e mi si è data una opportunità ulteriore..

Ho sfogliato le poche pagine, stavolta con attenzione.
La voce del mio amico me le ha descritte, non lette, le ha raccontate, con calma, con la pacatezza che apparteneva a lui, e che ha donato a me, che finalmente, attento e intelligentemente umile, nell'apprendere da altro Essere Umano, gli ho riservato.

Si sono alternate descrizioni brevi come schizzi impressionisti, vedendo inverni lontani anni, nella gioventù dell'uomo allora ragazzo, quando poche e semplici cose rendevano degna una vita assai essenziale; si sono scorsi inverni di fiamme della guerra gelida e crudele nelle piane del Don, come inverni più vicini a noi, sempre nell'Altopiano, dove l'Uomo Mario, ritrovava e coltivava nel silenzio e nella sua tranquilla anzianità, usi che aveva appreso da ragazzo e che si era conservato nella sua vita traversando mari agitati e tempeste che non tutti avrebbero saputo affrontare.
Quest'uomo sopravvissuto a migliaia di km sotto il fuoco dell'avversario, eppure non mostra mai un briciolo di risentimento verso quello che altri definivano “nemico” e che lo avrebbe ucciso, visto che “nemico” e per di più “invasore” era stato anche lui; quest'uomo vede e descrive sempre l'umanità, di gesti, abitudini, riti, atmosfere anche di quotidiana normalità e le fa quasi desiderare a me che le osservo dall'esterno delle sue righe, eppure spettatore non estraneo.
Quest'uomo risveglia ricordi ancestrali in me che ascolto le sue parole. E descrive e fa nascere il desiderio di reimparare tanto, di vivere per apprendere di nuovo, o forse farlo veramente, per la prima volta.
Mi colpisce questo suo descrivere con tranquillità il lavoro: “..è bello lavorare non per accumulare denaro sul conto corrente, ma scorte di legna secca, farina, patate, verdura in composta...., i prodotti che la natura ci dona dalle semine di primavera alle raccolte dell'autunno” e capisco quanto questo Uomo che è noto perché è stato il “Sergente nella neve” sia un Uomo di valore anche e soprattutto per molto altro, nascosto, ma non tanto; questo altro che è alla luce del sole, e che la Vita mi ha donato, in un caldo pomeriggio estivo dell'agosto 2012. 

Ed alla Vita sono ancora una volta grato.




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