mercoledì 4 aprile 2012



Sono andato a quello che è il mio attuale listening point, come lo chiama Sigurd Olson.

Erano le 16, avevo poco tempo ma non mi importava, per la prima volta forse, non mi sono preoccupato di fare le cose in tempo, anzi in anticipo... “avevo il tempo che mi era stato dato e se era quello, quello avrei usato, vuol dire che quello serviva!”

Sono entrato dal cancello grande, imponente e sempre bello. Il sole del pomeriggio scaldava la terra, le panche di legno scuro, l'aria, ed era bello. Come sempre in quel posto, vado ad ascoltare, quando ne ho necessità, cioè spesso.

C'erano i lavoranti che sistemavano le piante acquatiche nel laghetto ora prosciugato, preparando il paesaggio per il mese prossimo in cui sarà un fiorire di loto, acqua, ed altro verde; c'erano due mamme con bambini, passeggiavano, senza dare fastidio, senza un rumore, eppure i bimbi non sono silenziosi; c'era gente venuta a fare quel pellegrinaggio di cui si sente obbligata quando è là, dove riposano forse 15000 giovani di venti anni o poco più, morti per qualcosa di cui chi sa se sapevano; c'ero io col mio libro in mano, in cerca di ascolto.

Non ho fatto il consueto giro, ho cercato una panca di legno, mi sono seduto ed ho letto.

Forse tre pagine, poche parole.

Quelle che servivano.

Quanto bastava a dare il via.


Poi nulla, silenzio, il libro chiuso, la mente ad ascoltare, il cuore , ad ascoltare, io là, ad ascoltare la mente ed il cuore,.... e il luogo.

Mille idee, mille pensieri, mile emozioni e sentimenti, ma uno solo rimane ora che sto mettendo i puntini sui particolari: la serenità del fare quello che dovevo, nel tempo dovuto, nei modi dovuti.

Il farlo, ascoltando il dopo, ascoltando quello che questa cosa evocava, provocava in me, svegliava dentro di me.

Nulla di strano, nessuna illuminazione, nessun gesto miracoloso, o sensazione divina, solo Vita, tempo che non è, ritmo antico forse, ma quello giusto, modi semplici, che lì, su una panca di legno, nel sole che si abbassava, ho percepito attorno a me, come a mille km di distanza, o ad anni e km distanti, dalle pagine del libro di Etain: tutto come doveva, tutto a posto, ed io che finalmente, ho ascoltato, ho avuto quel che c'era da avere, finalmente!


E' durato poco a vedersi da fuori, forse minuti, forse troppo poco per giustificare un andare a fare una passeggiata: ma non era una passeggiata, poteva essere il cammino verso Santiago, un calvario del venerdì che arriva, quello di Pasqua, poteva essere un digiuno di penitenza duranto quaranta giorni come quaranta milioni di secoli, poteva essere quelle che volete, per me è stato questo: un momento, un attimo, in cui ho visto tutto e niente, sentito tanto eppure nulla, vissuto secoli, rivissuto vite, assaporato odori e fruscii e bevuto l'aria del vento che mi ha carezzato.


E' durato quello che doveva.


Non c'è un giusto, non uno sbagliato.

Questo è, questo doveva, io ho avuto un dono: ero là.



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