sabato 21 gennaio 2012

Un piccolo lavoro manuale



Alcuni gesti, odori, rumori, atmosfere hanno una loro intensità propria, con questa stimolano in noi stessi la risposta, ci risvegliano, e riportano alla luce emozioni, sentimenti e sensazioni forse atavici, o forse nascoste nella memoria: quando questo avviene è come se si compisse un miracolo a cui da spettatori, assistiamo meravigliati ed estasiati, e ci riempiamo di serenità.

Questa serenità non è una cosa strana, che proviene dal cielo o da altri mondi o da un dio lontano e mai visto; questa serenità alberga in ognuno di noi, nascosta forse, coperta da mille altre cose, superflue e del tutto ininfluenti. Basta avere la pazienza, il desiderio e l'umiltà di andarsela a ritrovare, come in una soffitta polverosa e sempre chiusa, dove abbiamo mille ricordi ed oggetti, ed è là, per noi, nostra, da stringere sul cuore, da avvertirne il calore, da vivere e gioirne.


Ho acquistato un dizionario, un semplice e normale libro che mi permette di fare le mie letture in Inglese, visto che non padroneggio la lingua come un interprete.

Ho trovato una occasione, pochi soldi per un libro nuovo, e di valore, lo stesso tipo che usavo ai tempi delle mie scuole medie, solo che ora è aggiornato, nuovo, fiammante.

Fiammante” come si dice di un'auto, fresca di fabbrica, pronta a mordere l'asfalto!

Soltanto che qui parlo di un libro... per me ha, forse, anche più valore dell'auto.


Ho deciso che voglio foderarlo, il dizionario.

Lo userò, mi servirà e starà là sul tavolo, ore, giorni, usato o posato. Non come il romanzo che leggo e che poi, magari, ripongo nello scaffale, per poterlo riprendere, solo quando mi va.

Un dizionario è libro da battaglia, libro da combattimento. Va protetto, riparato dalle mie mani o dall'aria, e per questo voglio foderarlo.


Nella casa dove vivo non ho i fogli di plastica trasparente che usavo un tempo, che ho usato per anni per fare questo lavoro, belli, lucidi e fiammanti...

Vivo diversamente ora, a risparmio, in economia, sprecando meno, badando a cose cui nella “vita passata” non badavo troppo... si cambia, cambia la vita, la mia è cambiata...e non ho fogli di plastica trasparente.

Potrei andare a comprarli, lo so.

Non voglio, non voglio cedere a queste abitudini che sto cercando di estirpare da dentro me stesso: “quello che non hai basta che spendi e diventa tuo”.

Se posso, uso altro, se posso cerco se ho alternative, e per foderare un libro ne ho: la carta marroncina per fare pacchi.

Non sarà bellissima, non è fiammante, non è lucida, ma non è plastica, non è quella che vai compri ed è tua, la carta marroncina ce l'ho, sta già qui in casa: uso questa.


Non è questione di risparmio, ma altro, che le parole non sanno spiegare, è qualcosa che avverto come mia, ora, e che viene da lontano.


Fodero questo libro, attività banale, anche se da farsi con una certa cura. Taglio, piego, prendo le misure e metto un'attenzione che non mi aspettavo da me stesso, come se dovessi foderare un libro d'antiquariato e arrivato a me per caso, da conservare, perché prezioso.

Mentre piego e taglio, ricordo... torna la memoria... questo che faccio me l'aveva insegnato mia mamma, quando ero piccolo, quando non riuscivo a tagliare bene, mai! Mi venivano sempre male, allora, i libri, e lei mi aiutava: le sue mani erano fatate, riusciva sempre a porre rimedio ai miei errori di inesperienza...lei era la fata!

Foderava tutti i suoi libri preziosi, vocabolari, libri di scuola, i libri di canzoni della sua giovinezza, tutti con la carta. Non era questa marroncina, la sua era carta con fiori, bella, carina, ma carta! La plastica forse nemmeno la conosceva lei, la mamma, a quei tempi in cui la plastica era ancora solo nei catini pubblicizzati alla TV da Gino Bramieri.

Ma i suoi libri erano belli, tutti così in ordine e così disponibili all'uso, eppure così protetti, da quei fiori di tutti i colori, su uno sfondo giallo. Tutti pronti, da aprire e leggere o usare, con la gioia nel cuore. O forse era il mio cuore ad avere la gioia di quel tempo, chi sa.


Poi scoprii che anche il papà faceva le stesse cose, le sapeva fare anche lui, non era solo la mamma ad essere una fata, lui era un mago.

In altra maniera, meno delicata forse, eppure efficacie anche quella di lui, del mago, per proteggere i suoi di libri, atlanti, vocabolari, libri da tenere, anche lui con quella bella usanza, di conservare ciò che aveva valore per lui (a quel tempo il valore stava anche in quelle cose, semplici, ma vere).

Lui addirittura scriveva i titoli sulle copertine col pennarello, li scriveva bene, ordinati, senza righello eppure perfettamente orizzontali, in un modo che io ragazzino non riuscivo... e quanto lo invidiavo per queste cose che per me rappresentavano la perfezione...

La perfezione di un genitore che per me era tutto il mondo...in quel momento!


Ed ora mi arriva improvviso il ricordo: la carta!

Lui usa la carta marroncina da fare i pacchi. E' da là che viene questo ricordo, questa immagine...


Ed oggi mi trovo io a fare lo stesso!

Oggi che loro stanno non so dove, non so se mi osservano. Io porto nelle mie mani, nella mia manualità, la loro eredità. Oggi nel mio foderare un semplice dizionario, loro vivono, insieme, uniti come sono stati per 40 anni, nelle mie mani che tagliano la carta, posano il nastro adesivo; ora che scrivo sulla copertina il titolo e scopro che riesco a scrivere bene, ordinato e dritto, come mai allora sarei riuscito ad immaginare.


Mentre lavoro e fodero, rivedo loro, senza provare dolore né malinconia; è come se stessimo insieme, al tavolo a parlare, con un the caldo da bere, raccontandoci questi anni passati lontani, eppure in cui nelle nostre memoria c'è sempre stato dello spazio riservato, per gli altri. Ci si racconta quello che si fa ora, racconto loro quella che oggi è la mia vita, ne sono quasi orgoglioso, come lo ero quando avevo i calzoni corti e mostravo loro cosa sapevo fare, mostrando me, ed offrendo il mio amore di figlio.

Il lavoro manuale, anche semplice, anche normale, abitudinario, porta la mente a lavorare: mentre lavori pensi e non stai a dannarti per le mille difficoltà che fanno comunque parte della normalità di ogni giorno, in quel momento, in quel modo, vivi, riesci a sentirti te stesso. Sei presente al momento. Si dice che sia qualcosa che ha a che fare con lo zen, non lo so bene, ma so cosa questo vuol dire, cosa significa vivere questi momenti.

E mi piace.


Scriverò su questo argomento, parole su un foglio, ripensando e fissando quel calore che mi è stato donato foderando un dizionario.

Mia figlia non ha avuto questa fortuna. Lei è nata quando esistevano le copertine già pronte. Di libri con lei ne abbiamo foderati pochi, non le ho trasmesso quello che è stato donato a me. Lei non ha avuto questo stesso regalo, forse ne avrà altri, differenti. Le auguro, un giorno di avere, però, lo stesso calore dentro, di ricevere lo stesso bene che oggi ricevo io.

Questo importa.


Prendo un foglio bianco, scrivo al PC, metto le parole in fila, il mio racconto comincia qui...ora.